Carletti: «Noi Nomadi, cinquant'anni da Vagabondi ma non perdiamo la voglia di suonare»

Carletti: «Noi Nomadi, cinquant'anni da Vagabondi ma non perdiamo la voglia di suonare»

di Francesca Binfarè

Ma che film la vita” è il nuovo tour teatrale di uno dei gruppi più longevi d’Italia, i Nomadi, in partenza sabato 5 marzo dall’Auditorium Parco della Musica di Roma. Il titolo del tour riprende quello di un album dal vivo del 1992, l’ultimo registrato con il cantante Augusto Daolio e il primo pubblicato dopo la sua scomparsa. Sono passati 30 anni da quel disco ricco di canzoni simbolo del gruppo e 50 dall’uscita del brano “Io vagabondo”: tra ricordi e futuro ce ne parla Beppe Carletti, fondatore dei Nomadi (con lui oggi Cico Falzone, Daniele Campani, Massimo Vecchi, Sergio Reggioli e Yuri Cilloni).


Un tour significativo. I 30 anni del disco e poi?
«Poi sono 30 anni che Augusto è morto. “Ma che film la vita” lo abbiamo registrato nel febbraio 1992 al Palasport di Savona. Mi piace questo tour perché partiamo da Roma poi suoniamo al Teatro Lirico di Milano, per me uno dei più belli, ma altre date arriveranno. Con il caldo torneremo nelle piazze, il nostro piatto forte. Non siamo un gruppo “da teatro” ma abbiamo un repertorio vastissimo da cui abbiamo tratto una scaletta di massima. Faremo tutto il disco e altri pezzi: suoniamo 2 ore senza problemi non perché siamo i più bravi ma perché abbiamo in repertorio 360 canzoni. Credo che ci divertiremo e faremo divertire».


Come avete costruito la scaletta?
«Ne abbiamo definita una adatta ai teatri e a “Ma che film la vita”, inteso come album e come momento storico che stiamo vivendo.

Le canzoni sono purtroppo di un’attualità mostruosa. Penso a brani come “Io vagabondo”, “Auschwitz” e “Dio è morto”, che con la guerra appena scoppiata dovrebbe essere un manifesto appeso sui muri».


“Io vagabondo”: sono passati 50 anni dalla sua pubblicazione...
«A marzo del 1972 facemmo il provino per partecipare in aprile alla trasmissione Un disco per l’estate. “Io vagabondo”, un titolo che si sposa bene con Nomadi: non ci siamo mai fermati se non in questi due anni, abbiamo sempre camminato perché siamo nomadi, ma con le radici. Questa canzone è la nostra bandiera: la gente la canta più di noi. È impressionante vedere un pubblico così eterogeneo e senza età, dal nonno al figlio al nipote, che canta le nostre canzoni. Non avrei mai pensato che la nostra storia sarebbe andata così, ma credo che siamo ancora qua perché ci mettiamo la faccia».


Ha mai pensato di smettere?
«Non esiste, mi diverto troppo, anche a 75 anni. Dal 1963 sono passati nei Nomadi 24 elementi, normale che qualcuno si arrenda o non ci sia più. Non è facile essere Nomadi per la responsabilità delle cose che diciamo».


Ha detto che questo è un tour realizzato pensando al domani, quindi a nuove canzoni?
«Non quest’anno. Un disco nuovo è giusto pubblicarlo l’anno prossimo per i 60 anni della nostra storia»


Ultimo aggiornamento: Sabato 5 Marzo 2022, 13:45
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