Mondo Marcio pubblica il nuovo album, "Magico": «Ora canto di quando mi sentivo perso»

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di Rita Vecchio

«Dentro “Magico” è finito il mio universo degli ultimi anni». É l’hip pop di Mondo Marcio, tra opposti che si attraggono e la voglia di ribadire di sentirsi in perenne controtendenza. Nei testi dell’album che esce il 7 ottobre, Gian Marco Marcello (questo il suo nome di nascita) passa dalle citazioni letterarie di Dostoevskij alla “Bambola voodoo”. Oltre a Saturnino (definito la «chiave di volta del disco») e a Gemitaiz, «la presenza femminile di Arisa, Nyv, Caffellatte che hanno controbilanciato il disco, con voci quasi angeliche», in un album che «canta anche di momenti in cui mi sentivo perso». 

Come rappa in “Mezzanotte”. 

«È uno dei brani più significativi, pezzo manifesto del periodo del lockdown. Nato in un momento che mi ha messo alla prova, di depressione, legato alla mia ex fidanzata, ma da cui ho tratto il meglio. Si sa, no? Dalle botte o ci resti sotto o ne esci segnato in modo positivo». 

Si sente sempre l’eccezione alla regola? 

«Sì. Su molte cose mi sento in controtendenza. Ho sempre amato andare per la mia strada senza seguire il trend. Sono più riconoscibile rispetto ad altri, sono stato il primo rapper a mettersi a nudo totalmente quando il rap era considerato figo e cazzuto, che non doveva parlare di cose personali».

“La verità’ nel rap e’  come l’amore su  Tinder”. Si riferisce all’immagine edulcorata?

«C’è una narrativa distorta di uno stile di vita che si ostenta. Non è condivisione, ma un far vedere che facciamo una vita bella. A me questo aspetto non interessa. È ego puro».

Ma oggi il rap dove è?

«É dappertutto. È il nuovo pop.

Prima si cercava il feat. con il pop, adesso è il contrario. Ma c’è tanta confusione. E non solo nella musica. Un mondo dicotomico tra paradiso e inferno, tra dio e diavolo. Non sono praticante o religioso. Ma credo che oggi ci sia bisogno di unione che separazione. E invece, tutti hanno un microfono e gridano». 

Si riferisce anche alla politica, all’indomani delle elezioni?

«Abbiamo la prova che viviamo in un clima di incertezza totale. E in questi momenti vince il populismo».

E l’artista dove si colloca?

«Non può essere un modello politico da seguire. Il mio ruolo è di rottura, non di insegnamento. L’arte imita la realtà e non il contrario. Un Bob Dylan o uno Springsteen che diventano politici? Va bene pure. Magari anche io cambierò idea, ma per ora credo parlare di cose personali e non di politica». 

Chi sono i rapper tarocchi di cui parla?

«Lei vuole i nomi, ma io non ho nemici immaginari o reali. Il pubblico sceglie. La competizione tra artisti va messa in conto».

E chi sono i rapper sul “trono di spade”?

«Io quando sto sul palco, con la consapevolezza di essere il più bravo di tutti. E io sono il più bravo di tutti quando rappo. Io sono "magico". Qui interviene anche il mio ego. Quando scendo dal palco, poi, sono Gian Marco». 

A Sanremo ci ha pensato?

«Sì. Non è il mio pubblico, anche se ultimamente si è rappizzato, ma resta il palco più importante d’Italia». 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Settembre 2022, 12:58
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