Ranieri al Massimo: "Vi racconto la Magnani, il Barnum, la boxe, e al cinema mi trasformo in Riccardo III dark"

Ranieri al Massimo: "Vi racconto la Magnani, il Barnum, la boxe, e al cinema mi trasformo in Riccardo III dark"

di Alvaro Moretti
La grandezza di Massimo Ranieri sta nella sua pagina su Wikipedia: scopri lì che è forse l'unico a poter vantare un David di Donatello come miglior attore (Metello, 1970), ma anche due Canzonissime, i Cantagiro, Sanremo 1988, premio Tenco e uno dei signori del biglietto d'oro dei teatri italiani.

Una grandezza da trasformista. Coraggioso: non accetta di fare il monumento di se stesso. Ed eccolo, improvvisamente, mentre prepara un recital jazz (a Natale al Quirino la Malìa Napoletana con Rava e Marcotulli), trasformarsi in un glabro e dark Riccardo III. «Riccardo Va All'Inferno di Roberta Torre è coraggioso e sfarzoso di costumi, trucco e musica di Mauro Pagani che mi ha costretto a cambiare timbro - ci dice durante una diretta Facebook che trabocca di amore e like da Melbourne a Siracusa, passando per Milano e la sua Napoli - Canto sette-otto canzoni e la musica è rock, acida, a tratti blues. E allora mi sono detto: mi ispiro alla raucedine che sognavo di avere, quella di Tom Waits».

Riccardo Mancini, della omonima famiglia di potenti malavitosi del Tiburtino Terzo, scala il potere partendo dal basso, ma ha una Regina Madre (Sonia Bergamasco ultra dark) più scaltra di lui: «Sono una famiglia di mafiosi, concepiscono solo la vendetta come unico perdono, e la citazione è di Marta Marzotto non del Bardo, ma Riccardo in fondo è un uomo rifiutato dalla madre, terribile circostanza». Al Tiburtino Terzo vivevano anche i ragazzi di vita di Pasolini. In quegli anni Ranieri duettava in tv con Anna Magnani: «Che donna meravigliosa, severa, ma materna. Vera Mamma Roma. Nella Sciantosa mi prendeva in giro perché non sapevo le canzoni napoletane. Reginella me l'ha insegnata lei».

Un trasformista per dovere. «Sì, ho passato sei mesi in un circo per poter fare a teatro Barnum. E otto mesi a Formia con Patrizio Oliva a farmi prendere a cazzotti sul ring: siamo privilegiati, come diceva Eduardo, a vivere dicendo su un palco il pranzo è servito. Lo sento come un dovere trasformarsi così tanto».
Maestri e compagni di viaggio straordinari. «A teatro ho lavorato coi migliori, ma la lezione di Strehler e del Piccolo sono stati decisivi». Ora che al cinema affronta il malvagio visionario della Torre non si capacita delle notizie su Rigopiano durante la riunione di redazione: «L'attore gioca col male, esplora l'inesplorato. Poi senti certe notizie e capisci che in giro ci sono dei senza sangue».

La musica è un deposito di ricordi bellissimi: «Quella Canzonissima che pensavo vinta e invece persa: non ci credevo. E invece il Sanremo dell'88 in cui volevo andare via dopo la prima esibizione. Mi convinsero a restare fino al sabato sera: Perdere l'amore vinse. Ma dopo due ore ero già in viaggio: mi aspettava un'altra trasformazione, in teatro».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 29 Novembre 2017, 10:14
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