Mario Venuti: «Grandi successi in salsa brasiliana dagli anni '30 al 2000: ecco le mie cover italiane stampate sui 45 giri»

Mario Venuti: «Ora rivisito Nada e Celentano: ecco le mie cover italiane stampate sui 45 giri»

di Totò Rizzo

Dov’era la sera del 30 gennaio 1969? Alla prima domanda, un po’ questurina, Mario Venuti scoppia a ridere. «Sicuramente a casa, a Siracusa, con i miei ma, giuro, non ero davanti alla tv a vedere il Festival di Sanremo. Troppo piccolo, avevo 5 anni». L’eco di “Ma che freddo fa” e di Nada, sedicenne toscana dal vocione roco, gli arrivò dopo, tutti parlavano di questa ragazza un po’ goffa che si piazzò quarta e scalò le classifiche.

 

Quel brano – di Migliacci e Mattone – esce oggi (venerdì 7 maggio) rivisitato e corretto, in un 45 giri (il lato B è “Una carezza in un pugno”, caposaldo del repertorio di Celentano) che inaugura una serie di vinili in cui il cantautore siciliano si diverte a tuffare in salsa brasiliana 11 grandi successi popolari italiani dagli anni ’30 al 2000. Quattro 45 per un totale di otto brani più altri tre che andranno a formare poi un album o, meglio, un long playing, giri 33 al minuto.

Progetto insolito, Venuti.

«Nato lo scorso anno, causa pandemia. Non avevo voglia di scrivere canzoni nuove, lo confesso, avrei fatto violenza a me stesso. Sono i miei primi dischi di cover in quarant’anni di carriera. Parlando con Tony Canto, che con me condivide la passione per la musica carioca, abbiamo pensato di scegliere dei brani che fossero conosciutissimi, niente di minimamente elitario, il massimo del pop, insomma. All’idea originale s’è unito poi un progetto grafico, fotografico, per cui alla fine, uscita dopo uscita, ci sarà questo cofanetto – quasi per feticisti – con gli otto 45 giri, poi il 33 e ovviamente le versioni digitali».

Al di là del puntare solo su grandi successi, criteri di scelta per gli altri 9 titoli ancora top secret?

«Si è viaggiato anche ad istinto.

C’era un “mare magnum” di materiale: sono presenti gli anni ’30, ’50, molto degli anni ’60, gli anni ’70, ’80 e i primissimi del nuovo secolo. L’idea di base era quella di “brasilianizzare” questi brani. Per dare loro una nuova veste ma anche per dare dignità a titoli un po’ bistrattati, relegati immeritatamente al rango di canzonette di consumo, a quella che molti chiamano con sufficienza musica leggera».

Ci troveremo di fronte a icone del pop un po’ stravolte?

«Assolutamente no. Le partiture, le melodie sono state rispettate al 99%. C’è stato però con Tony Canto un grande lavoro di arrangiamento e soprattutto di armonizzazione perché quello dell’armonia brasiliana è un mondo tutto a sé, affascinante. E poi un grande lavoro sulla vocalità, ho scoperto quasi un altro me stesso».

In che senso?

«Noi italiani siamo portati al canto spiegato, enfatico a volte, retaggio del melodramma. In Brasile i toni sono più bassi, tranquilli, suadenti. Ho sperimentato dei timbri gravi che credevo di non avere o dei falsetti quasi femminili. Il modo in cui cantavo spesso arrivava nuovo perfino a me. Divertimento puro».

Divertimento ma anche fatica.

«Abbiamo lavorato con calma, da giugno scorso ad oggi. D’altronde non si poteva più suonare dal vivo, c’era tutto il tempo a disposizione. Adesso speriamo di poter tornare live: sarebbe bello un concerto con questi 11 brani più quelle canzoni scritte da me che già echeggiano il Brasile e le sue atmosfere».

E il prossimo disco di inediti, quando?

«Un po’ di materiale c’è già. Intanto mi godo questo inatteso brivido delle cover».


Ultimo aggiornamento: Domenica 9 Maggio 2021, 14:26
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