Mahmood, oltre Narciso: «"Ghettolimpo" è l'album che spiega chi sono stato e chi sono ora. Né immortale, né semplice umano»

Mahmood, oltre Narciso: «"Ghettolimpo" è l'album che spiega chi sono stato e chi sono ora»

di Rita Vecchio

Un narciso demoniaco. Un artista che non sa stare fermo. Avido di sonorità disparate, Mahmood, al secolo Alessandro Mahmoud, (madre italiana e padre egiziano), pubblica oggi “Ghettolimpo”. Anticipato da “Inuyasha”, “Klan” e “Zero” (colonna sonora dell’omonima serie Netflix), il disco è il risultato di tanta sperimentazione musicale: i feat. con Elisa e Woodkid, la presenza di Feid e Sfera Ebbasta, le produzioni (da Dardust a “Katoo”). “Baci dalla Tunisia” è stata scritta all’Eurovision (quando arrivó secondo con “Soldi” nel 2019, brano tornato a bomba con la clip del film di Nanni Moretti).

 

Si dice felice per la vittoria dei Måneskin, triste per non aver potuto lavorare con Battiato, mentre il video di Klan è stato girato nei luoghi dove Lucio Dalla trascorreva l’estate. «Nel disco c’è molto viaggio e poca quarantena: da quando c’è il Covid non ho più scritto. Per scrivere ho bisogno di viaggiare». 

Prima sull’autobus…
«E ora scrivo mentre sono in aereo (ride, ndr). La mia vita è cambiata, ma i miei valori sono gli stessi». 


Che parola è Ghettolimpo?
«Un neologismo. Una via di mezzo per dire che nessuno è immortale e che nessuno è un semplice umano. È un immaginario in cui ci sono due anime, dove non esistono dei con poteri soprannaturali, esistono umani (mortali) che si avventurano nella vita». 


Perché la mitologia? 
«Da piccolo ero fissato.

Avevo un dizionario che consultavo in continuazione chiuso nella mia camera. Dentro Ghettolimpo c’è quel Mahmood lì. Ma c’è anche un artista cresciuto, che ama contaminarsi di svariate sonorità». 


Un ritorno alle origini? 
«In parte, sì. Il brano Ghettolimpo riprende il canto di un muezzin arabo, ricordi di quando passavo le mie estati in Egitto con le giornate scandite dal suono delle cinque preghiere». 


“Del mio Narciso è rimasto il sorriso più brutto”.
«È un Narciso demoniaco. Di quando mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo. In copertina, la mia immagine distorta. È il timore di allontanarmi dalle origini. Non dimentico il passato. Anzi, ne sono orgoglioso». 


Infatti c’è anche “T’amo”, brano dedicato a sua madre. 
«E alla mia Sardegna. Con le cornamuse dei pastori sardi, con il “No potho reposare” e con il coro femminile di Orosei con la voce di mia cugina Antonellina. Così sono riuscito a far commuovere per la prima volta mia madre». 


E poi le paure, il successo… 
«E tutti i momenti complicati che ho affrontato con coraggio. Con questo politically correct, basta poco per non essere compresi. Le parole hanno un peso. Ricordiamocelo». 


E l’Italia ha coraggio di prendere posizione?
«Se si riferisce al Ddl Zan, di strada ne deve fare tanta. I recenti fatti di Palermo - con una coppia gay aggredita per strada - sono intollerabili. A volte mi chiedo per cosa lottiamo veramente». 
riproduzione riservata ®


Ultimo aggiornamento: Sabato 12 Giugno 2021, 10:29
© RIPRODUZIONE RISERVATA