Litfiba, l'addio live a Milano: per Pelù e Renzulli ora è davvero l'Ultimo girone

Litfiba, l'addio live a Milano: per Pelù e Renzulli ora è davvero l'Ultimo girone

di Claudio Fabretti

Stavolta, per Piero e Ghigo, e per lo storico marchio Litfiba, è davvero "L'ultimo girone". Dopo il tour sold out nei club in Italia e in Europa e nei principali Festival estivi, il 22 dicembre la band fiorentina si esibirà al Mediolanum Forum di Milano per l'ultimo appuntamento con il tour che ne chiude la storia ultraquarantennale. Pelù e Renzulli (accompagnati da Luca "Luc Mitraglia" Martelli alla batteria, Fabrizio "Simoncia" Simoncioni alle tastiere e Dado "Black Dado" Neri al basso) si congederanno così dal loro pubblico, al termine di una carriera straordinaria che ne ha fatto gli ambasciatori del rock italiano, ben più (e ben prima) dei Måneskin, influenzando davvero intere generazioni di appassionati. Generazioni anche diverse e distanti tra loro, va detto, perché i Litfiba del cuore dei waver 80's, quelli degli Lp "Desaparecido" e "17 Re", non saranno mai quelli che mandano in solluchero i fan al grido di “Regina di cuori”. A fare da cerniera tra queste due quasi inconciliabili fazioni, il fatidico periodo “tamarrock” di inizio anni 90, che per chi scrive resta il più che dignitoso canto del cigno artistico della band fiorentina, trascinatasi poi tra liti, rotture, trasformazioni e reunion fino ad oggi.

Ma nell'Ultimo Girone di Piero Pelù e Ghigo Renzulli c'è posto per tutto e per tutti. Una bolgia infernale di suoni, danze, slogan, parole e ricordi che deve semplicemente celebrare una grande storia musicale, quella dei ragazzi che debuttarono il 6 dicembre 1980 sul palco della Rokkoteca Brighton, appendice della casa del popolo di Settignano, vicino a Firenze. Il tour che pone fine alla tormentata vicenda della band toscana (ricordate “Litfiba tornate insieme” di Elio e Le Storie Tese?) è stato un lungo addio, fatto di innumerevoli concerti in cui i due reduci hanno condensato il loro sterminato juke-box, con scalette mutevoli – alla stregua de “Il mio corpo che cambia” - da una serata all'altra.

Un succeso annunciato, perché se spopolano i Måneskin, a maggior ragione dovrebbero piacere questi indefessi ghepardi del rock tricolore, benché la freschezza, inevitabilmente, non sia quella di Damiano, Victoria e compagni.
 

I Litfiba hanno scelto di rendere visibili gli oltre quattro decenni di storia della band nella scenografia disegnata da Piero Pelù con quattro grandi "XXXX" che rappresentano in numeri romani i loro 40 anni di attività ma anche la grande forza del loro rock. Il loro show ha rilanciato in pista successi come "El Diablo", "Spirito", "Fata morgana", "Regina di cuori", ma anche tante chicche - da "Istanbul" a "Eroi nel vento", da "Apapaia" a "Tex", che hanno raccontato l'Italia e il mondo, guerre e pacifismo, impegno sociale e tutela dell'ambiente, sostegno alle vittime della mafia e battaglie per i diritti umani oltre che storie d'amore e rapporti umani profondi. Precursori come pochi del rock cantato in italiano, i Litfiba possono fregiarsi di successi discografici con 10 milioni di copie vendute e migliaia di concerti in Italia, Europa e nel resto del mondo.
«Abbiamo fatto 100, vogliamo fare 101?», hanno detto per annunciare il tour. E ora che sono all'ultima curva, si avverte già il gusto dolceamaro della nostalgia. Per quello che i Litfiba sono stati ai tempi d’oro, per quello che avrebbero potuto continuare a essere. “Abbiamo deciso di fare questo tour proprio perché siamo sereni – ha spiegato Pelù - Siamo rimasti fedeli ai nostri ideali musicali e umani, vendendo solo dieci milioni di dischi, ma mai noi stessi”. E anche solo per questo era doveroso rendere loro omaggio. Adios, Litfiba.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 21 Dicembre 2022, 15:37
© RIPRODUZIONE RISERVATA