J-Ax, minacce di morte al rapper dai no vax: «Una volta ti mandavano dei proiettili, adesso foto di proiettili»

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«Aver superato il Covid mi ha portato a schierarmi anche per un mondo meno egoista, rafforzando la mia propaganda sui vaccini che mi ha portato molti hater no-vax e minacce, anche di morte». Il rapper italiano J-Ax, dichiara di aver subito minacce di morte da alcuni hater per la sua posizione sui vaccini anti-Covid. 

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In passato J-Ax si era mostrato disponibile a parlare con i negazionisti del coronavirus ma, dopo aver vissuto in prima persona l'esperienza del Covid, è diventato un sostenitore del vaccino. Ad aprile, infatti, sia lui che la moglie Elaina Coker e il figlio Nicholas si sono contagiati. «Ho visto la morte da vicino, ero terrorizzato», racconta Alessandro Aleotti, che è stato molto male e ha riscoperto la preghiera e ha scritto anche il brano 'Voglio la mamma'.

In una intervista al Corriere della sera, il rapper ha svelato di aver ricevuto anche minacce di morte. «Una volta ti mandavano dei proiettili, adesso foto di proiettili. Ma sono sempre profili anonimi, non ci mettono mai il nome - esplicita J-Ax -. Io capisco che sia tutto nuovo ed è vero che non si sa molto su questi vaccini, ma basta per capire che è la scelta giusta, anche pensando agli altri, per non intasare le terapie intensive. Viene confuso il vaccino con l’antidoto, anche, ma alla fine sono tutte scuse che la gente si trova perché ha paura».

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«Avevo mal di ossa, - dice il cantante raccontando la sua esperienza covid - ma era un mal di ossa mai provato prima, mal di stomaco, ma un mal di stomaco mai provato prima, lo stesso con il mal di testa. Era qualcosa di esageratamente più forte rispetto a come siamo abituati: la sensazione è che il tuo sistema immunitario stia fronteggiando qualcosa a cui non era abituato. Lo avverti proprio. È come un imprinting: ti scopri a recitare quelle preghiere che ti avevano insegnato da bambino. Per dieci giorni sono stato veramente male, non dormivo la notte e la preghiera era che tutto non arrivasse ai polmoni. Mia moglie non riusciva più a mangiare: non lo ha fatto per quattro giorni. Lei non riusciva ad alzarsi dal letto e io giocavo con mio figlio, che ha quattro anni. Il mio pensiero era: e se io peggioro, lui con chi va? Chi lo tiene? Come si fa?. Mi sforzavo di mangiare tenendo chiusa la bocca con le mani, per cacciare i conati di vomito: sentivo che dovevo farlo, per avere la benzina per stare con lui. Per fortuna abbiamo una casa abbastanza grande, con un giardino. Ci siamo inventati un po’ di giochi, abbiamo fatto mille disegni. E ringraziando l’entità superiore che non vogliamo per forza chiamare Dio, ne siamo usciti».


Ultimo aggiornamento: Martedì 31 Agosto 2021, 13:06
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