Emis Killa: «Noi rapper, Supereroi boicottati dalle radio»

Emis Killa: «Noi rapper, Supereroi boicottati dalle radio»

di Massimiliano Leva
Se si dovesse trovare un aggettivo per lui, sarebbe “buono”. Che nel rap è tutt’altro che scontato. «Un conto è quell’aria da duro che ci vuole perché sono un rapper, e un conto è ciò che sono nella vita privata». Emis Killa, classe ’89, da Vimercate, ha le idee chiare. Tanto da intitolare il suo nuovo disco, in uscita oggi e già disco d’oro e di platino, Supereroi. Dove gli eroi sono quelli del quotidiano: persone che fanno del bene appunto. «Come i medici, i pompieri, le madri o i padri che allevano figli o gli artisti, che con le loro parole scrivono e aiutano gli altri».

Altra particolarità: Supereroi è stato registrato con la collaborazione di amici e colleghi (da 6ix9ine & Pashapg a Gué Pequeno) ed è anche un progetto multimediale: un disco, un comic book e un cortometraggio, dove Emis Killa, vero nome Emiliano Giambelli, recita assieme a Giacomo Ferrara. «Mi piaceva l’idea di sfruttare l’arte in tutte le sue forme. Sarà il pubblico a dire la sua dopo aver visto il film. Va bene così, ora non parteciperei a nessun contest o trasmissione tv».

Troppa visibilità le dà fastidio?
«Ci sono due persone in me: Emis, il personaggio pubblico che va anche ai party. Emiliano, che invece vive in provincia, va ancora al bar e fa il padre, dopo che due mesi fa è nata mia figlia Perla».

Una vita regolare insomma, quasi vecchia maniera?
«Non sono vecchio, ma le vecchie abitudini le condivido. Ho i miei equilibri. Meglio una severa punizione domani per mia figlia che mille raccomandazioni. E poi c’è tutta questa superficialità... farò di tutto per non farla crescere credendo nei social e in quel mondo lì».

Eppure oggi il rap è fatto soprattutto di immagine. Prendiamo Young Signorino.
«Lui nella vita privata è uno a posto. Ma come artista a me non sta bene. Confonde la gente, che finisce per credere che siamo tutti così. Se facesse altro non mi fregherebbe niente, ma così distorce quella che è l’idea di rapper».

E quale sarebbe allora la sua idea di rapper?
«Su di me le canzoni sono come l’alcol: enfatizzano a volte anche i lati brutti. Ma un rapper è sempre qualcuno che canta. Tanti mi scrivono sui social raccontandomi i loro problemi e chiedendomi una mano e chissà a quanti la mia voce è d’aiuto».

Si sente un supereroe, quindi?
«Mi sento uno in equilibrio con la vita. Faccio canzoni e non è facile. Quando pubblicai Mercurio (nel 2013, ndr) Ligabue era il più venduto. Comprai un suo cd per capire il suo segreto e mi sembrò che le sue canzoni fossero tutte uguali. Oggi c’è concorrenza e a me non spaventa. Anzi, è di stimolo. Ma le radio fanno fatica a passare le canzoni rap. Lo dico anche in un brano del nuovo disco: noi siamo per le radio quello che per Trump sono gli immigrati».

Non le piace il Presidente Trump?
«Non parlo di politica, come non lo faccio nelle mie canzoni. Non mi va di influenzare chi mi ascolta»

Ma non ha neppure una fede politica?
«Oggi vedo politici che dicono una cosa e che il giorno dopo ne dicono un’altra, di qualunque partito. Preferisco le mie idee».

Quali sono?
«Mi piacerebbe che ci fosse più equità sociale e giustizia nel mondo. Davanti alla legge, allo stesso modo, non si deve giudicare chi evade le tasse e chi uccide. Sono due cose diverse. Ho amici che sono stati in carcere e quello che hanno vissuto non li ha certo corretti. Io sono per il giusto. Anzi, sono per la vita e contro la pena di morte»
Ultimo aggiornamento: Venerdì 12 Ottobre 2018, 08:39
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