Gianni Morandi: «Torno a casa a Bologna per sedici concerti»

Gianni Morandi: «Torno a casa a Bologna per sedici concerti»

di Marco Castoro
Quante primavere che verranno… E quante ne sono passate dalla nascita (quasi 75 secondo l’anagrafe). Eppure, Gianni Morandi ha sempre gli occhi di ragazzo. «Che bella quella canzone! La musica era del mio grande amico Lucio Dalla. Già, le tante primavere di musica che ho fatto. Ho cominciato 60 anni fa con l’orchestrina di Bologna, giravo per le balere, poi il primo disco l’ho fatto nel 1962, Andavo a cento all’ora con Ennio Morricone. Proprio il 16 aprile, un numero che mi porta fortuna. Ecco perché faccio 16 concerti nella mia Bologna. Torno a casa dopo aver girato il mondo».
Poi quelle sfide a Canzonissima contro Massimo Ranieri…
«Ne ho vinte tre e in altrettante sono arrivato secondo. Ricordo di aver battuto Villa e Modugno. Ho vinto con Non son degno di te, Ma chi se ne importa e Scende la pioggia. Mentre a Sanremo ho trionfato solo nel 1987 con Ruggeri e Tozzi».
Che spettacolo sarà al Teatro Duse di Bologna?
«Dal primo novembre con “Stasera Gioco in Casa, una vita di canzoni” racconto - con la musica e a parole - i momenti di vita vissuta, perché al Duse si fa prosa».
Ci sarà anche un brano inedito…
«Sì. Il titolo? Ancora non lo so. Magari si chiamerà Stasera Gioco in Casa».
A proposito di aria di casa, è pentito di non aver cantato i versi dedicati alla sua Monghidoro, “paese mio che stai sulla collina”…
«Che sarà. Una canzone che Migliacci e Jimmy Fontana avevano scritta per me, ma io purtroppo non l’ho capita. Qualche anno dopo ho cominciato a cantarla nei concerti, ma non al momento giusto».
Racconta vita vissuta, ma oggi si ritrova in quest’Italia?
«Ci dobbiamo stare. I miei tempi erano diversi. C’era tanta voglia di ridere, la gente aveva più ideali e speranze».
Prima o poi la vedremo duettare con i suoi figli Marco o Pietro?
«Sono due bravi musicisti. Con Marco l’ho già fatto. Pietro proprio non ne vuol sapere della mia musica. Lui è un rapper».
Le piace il rap?
«Ascolto tutto. Rap, trap, indie, i giovani cantautori. Ascolto e imparo. Ho avuto con Rovazzi una bella esperienza con un pubblico di adolescenti, mi sono divertito».
Perché Marco canta Rino Gaetano e non le canzoni di suo padre?
«È un grande appassionato di Rino. Dove abita ha chiesto al comune di farla intitolare a Gaetano».
Il suo momento più bello?
«I ricordi più belli vanno alla prima canzone, al primo disco. Tuttavia, dopo la lunga crisi che ho attraversato, è stato un grande momento quando ho ritrovato il rapporto con il pubblico. Con Uno su Mille. Pensavo che non sarebbe più tornato un periodo così bello».
Chi è il numero 1 tra i cantanti italiani?
«Sono un fan di Celentano. Ha una timbrica straordinaria. Secondo Renato Zero, grande interprete. Poi Eros e Baglioni, grande autore e grande interprete. Tra i giovani mi piacciono Coez, Calcutta e Tommaso Paradiso».
E Lucio Dalla?
«Il numero uno. Ma non c’è più. Così come l’altro Lucio. Quei due Lucio, coetanei, ma fuori classifica perché sono i più grandi. Ma se citiamo quelli che non ci sono più, allora anche Gaber e De André».
Se glielo chiedessero rifarebbe Sanremo?
«Difficile che me lo chiedano. Certo per i 70 anni dovrebbe esserci una panoramica con giovani e vecchi. Se mi invitano ci vado, non a condurre, ma in gara. A me piace la competizione, sono un maratoneta».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Aprile 2019, 08:49
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