Gazzelle in concerto a Roma: «Lo stadio Olimpico? Un sogno. Io per vedere Vasco feci una follia»

Il cantante ospite a Leggo: Il mondo va a rotoli. Roma? Stronza e bellissima

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di Davide Desario

Gazzelle all’anagrafe è Flavio Bruno Pardini. Ha 33 anni e venerdì realizza il suo sogno: sarà in concerto allo stadio Olimpico, nella sua Roma «stronza e bellissima».


Preoccupato? Nervoso? Felice?
«Concentrato. Arrivo a suonare alla stadio dopo aver fatto tanti step: i piccoli locali, quelli più famosi, i palasport. Se tante persone mi seguono è perché non li ho delusi (per venerdì rimasti pochissimi posti, ndr)».


Sarà un concerto speciale nello stadio della Capitale?
«Sarà una lunga altalena emotiva. Tanti pezzi, vecchi e nuovi. Canterò anche da solo. Ma non voglio spoilerare, chi viene deve rimanere sorpreso».


Almeno gli ospiti sul palco: oltre a Fulminacci?
«Oltre a Fulminacci (con lui il brano “Milioni” del nuovo disco, ndr) tanti amici. Ma top secret».


Se non vuoi parlare del futuro, parliamo del passato. Scuole?
«Un disastro. Il primo anno l’ho fatto al Mamiani e mi hanno bocciato. Poi promosso. Il secondo ancora lì mi hanno ribocciato... e così via praticamente fino a quando ho strappato la maturità in un’altra scuola».


Poi?
«Non so perché mi iscrissi a Giurisprudenza, io che non avevo voglia di studiare. Sono scappato dopo 2 mesi. Mi sono iscritto a Lettere, ma sono durato 2 settimane: mi annoiavo e a lezione dormivo sempre».


Ti sei dedicato alla musica?
«Sì, era quello che sentivo dentro. Ma intanto lavoravo. Volevo la mia indipendenza e volevo andare via da casa di mamma e papà».


Che lavori hai fatto?
«Il banchista in un baretto di Monti, lì ho scritto Demodè (“Ma da dentro il bar il cielo è grande.

Solo la metà”). Poi ho lavorato in una pizzeria a taglio: il mio manager, Antonio Sarubbi, mi è venuto a pescare proprio lì. Ricordo che ho dato le dimissioni dicendo “scusate devo andare in tour”».


Ma è vero che hai fatto anche il postino?
«Sì, una sostituzione di tre mesi. Gli anziani dell’ufficio giurarono che non avevano mai visto in tanti anni un postino peggiore di me. Facevo un casino, però mi divertivo».

 


Ultima volta all’Olimpico?
«Roma-Milan in tribuna».


Tre calciatori giallorossi di sempre?
«Totti su tutti. Poi Montella e Cassano».


E concerti all’Olimpico?
«A quello di Ligabue andai addirittura da solo».


Altri?
«Tanti, da Ed Sheeran a Mengoni. Ricordo quello di Vasco. Ero pischello, poco più che maggiorenne. Eravamo rimasti fuori, senza biglietti. Verso la fine, facemmo una follia e riuscimmo a entrare (lo dico?) per l’ultimo pezzo: cantò Albachiara. Scoppia a piangere. Ma mi girai e piangevano anche i miei amici».


Fai quello che ti piace, stai coronando un sogno. Eppure c’è sempre un velo di pessimismo nelle tue canzoni.
«Sono io. Sono sensibile. Mi sembra che il mondo stia andando a rotoli e questa cosa la sento».


La senti e la canti, soprattutto nel tuo ultimo disco “Dentro”?
«Nel disco c’è la mia visione. Cinica e romantica. Sono così».


Anche Roma è cinica e romantica?
«No, Roma è stronza. Ed è bellissima così».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 16 Giugno 2023, 22:35
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