Si sono chiusi poco prima delle 6 di ieri mattina gli occhi curiosi di Franco Battiato sul mondo. Nella sua casa di Milo, sulle pendici dell'Etna, dalla cui terrazza l'artista poteva vedere, nelle giornate d'azzurro intenso, anche il mare e la sua Riposto, il paese dove era nato 76 anni fa. Accanto a lui i familiari più stretti, il prete che lunedì pomeriggio gli aveva impartito l'estrema unzione, i fidati collaboratori. I funerali oggi in forma privata (e un servizio d'ordine in previsione che gruppi di ammiratori si muovano in pellegrinaggio verso Milo come avevano già fatto con affetto due anni fa).
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Battiato era tornato nella vecchia casa siciliana nei primi anni 90, un ritorno alle origini, lasciando quella Milano che lo aveva visto sbarcare con una valigia e tanti sogni nella prima metà dei frenetici 60. Lì frequentò i musicisti dell'accademia e quelli della sperimentazione, ma non disdegnò nemmeno le canzoni con cui aveva mosso i primi passi da ragazzo.
Da allora l'artista non ha mai smesso di stupire, lasciandosi affascinare tanto dalle contaminazioni multietniche quanto dalle novità tecnologiche, spaziando dal teatro musicale (Genesi al Regio di Parma e Gilgamesh all'Opera di Roma) al Festival di Sanremo (vinto con Alice con Per Elisa), andando in tour per teatri con formazioni di varia estrazione, scrivendo per altri artisti (da Giuni Russo a Milva), riscoprendo la canzone italiana d'autore (da De André a Endrigo nei vari volumi di Fleurs), mettendosi dietro la macchina da presa per tre film (Nastro d'argento come esordiente a 60 anni), scoprendosi appassionato talent-scout di giovani artisti. E tracciando soprattutto una poetica musicale che è stata la più sorprendente tra il vecchio e il nuovo secolo.
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 20 Maggio 2021, 21:25
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