Francesca Michielin, musica antivirus: «Il mio Feat? Un disco collettivo per uscire dalla nicchia protetta»

Video

di Rita Vecchio
Meno elettronica. Più suoni analogici. E tanta sperimentazione. Francesca Michielin esce oggi con Feat (Stato di Natura). Undici brani tra collaborazioni e diverse sonorità. Ci aveva già preparato, con singoli - Cheyenne feat. Charlie Charles, Gange con Shiva, Riserva Naturale con Coma_Cose e Monolocale con Fabri Fibra - e set, in onda stasera su RaiPlay alle 21.
 
 


La musica non si ferma. È stata la prima a dare questo messaggio.
«Credo sia giusto. La musica ha salvato me da momenti complicati dandomi un posto nel mondo. Per quello, viste le restrizioni, ho pensato di fare in streaming l'Urban Orchestral Set, dove ho scritto io gli arrangiamenti per gli archi. Vengo da composizione classica, studio in Conservatorio canto e piano jazz. E mi sono divertita».
Perché un disco di feat.?
«Per uscire da una nicchia protetta. Per celebrare la diversità. Insieme a Gazzè, con cui canto in francese, Gemitaiz, Måneskin, Carl Brave, Giorgio Poi, Elisa e a tutti gli altri artisti che hanno sradicato cliché».
Diverso da 2640.
«Gioco sul confronto - contrasto. Sul dualismo natura-urban, tra il mondo bucolico da cui provengo (quello di Bassano) e il mondo metropolitano dove vivo (Milano)».
Dopo l'isolamento del decreto coronavirus, è tornata nel mondo bucolico?
«Sono un'eroina (ride, ndr). Sono rimasta a Milano. Nonostante fosse il mio compleanno (25 anni, ndr) e nonostante sia nato il mio nipotino. Ma si deve essere responsabili. Come dice mia madre: faremo un gran festone appena usciamo da questo incubo».
A chi pensa che i feat. sono il modo furbo per vendere dischi?
«Rispondo con le parole della mia amica e collega Elisa: Ci sono cose che fai con la magia bianca, e cose che fai con la magia nera. Dipende da te. È un disco collettivo. Sono contro la furbizia».
Chi l'ha stupita di più?
«Fabri Fibra. Mi ha messo in discussione. Io che non ho mai scritto un diario, dopo Monolocale, ho iniziato a scriverlo. Nel brano c'è rap, gospel».
E Tommaso Paradiso?
«È uno di quelli che quando ti scrive una canzone, non gli dici di no. Acqua e sapone, dà un messaggio vero tra percussioni elettroniche e suoni degli uccellini, ispirato al film Non per soldi... ma per Amore».
Un duetto che avrebbe voluto?
«Quello con Daniel Rays (ma per ora è un sogno)».
Chi sono i Leoni?
«Sia quelli da tastiera, i negativi che usano la parola come arma. Sia quelli positivi, del bello dalle piccole cose. È un brano in cui mio padre si rivede negli anni 70».
Altre sorprese?
«Navighiamo a vista. Intanto il 20 settembre sarò al Carroponte di Milano».
Sanremo nella serata cover. Tornare in gara?
«Quest'anno non volevo. Mi tengo il ricordo irripetibile del 2016. In futuro, chissà».

riproduzione riservata ®
Ultimo aggiornamento: Venerdì 13 Marzo 2020, 16:39
© RIPRODUZIONE RISERVATA