Enzo Mazza (FIMI): «Mixed by Erry? La verità è che era un fenomeno criminale»

Il CEO FIMI: «Quei nastri danneggiavano anche gli artisti. Lo streaming di oggi li tutela. Ed è sempre grazie allo streaming che nomi come Rocco Hunt, Luchè, Liberato hanno il successo che allora non avrebbero avuto».

Enzo Mazza: «Mixed by Erry? La verità è che era un fenomeno criminale»

di Rita Vecchio

Mixed by Erry riporta al ventennio ’80-’90 in cui la pirateria musicale è nata, irrobustendosi fino a diventare l’etichetta più temuta per introiti illegali a discapito del mercato discografico. Lo racconta con cognizione di causa Enzo Mazza, oggi CEO FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana). «E’ stato un fenomeno enorme soprattutto in Italia, Paese inserito nella “lista nera” del dipartimento del commercio estero (rapporto 301, ndr) per aver raggiunto un livello di pirateria tra più elevati al mondo. Per questo motivo nacque nel 1996 la FPM (Federazione contro la pirateria musicale e multimediale, ndr). Il nostro primo obiettivo è stato contrastare proprio Mixed By Erry. L’anno dopo i fratelli Frattasio sono stati arrestati».

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Erano anni in cui l’etichetta illegale è diventata la prima italiana, con un fatturato, si legge, che copriva il 70 per cento dell'intero mercato discografico. 

«Il danno era quantificabile allora in miliardi di lire. Dietro al fenomeno della pirateria, come a quello del contrabbando, c’erano i clan camorristi. Nel film si cerca di dare una coloritura quasi folcloristica e culturale, ma la pirateria ha danneggiato non sono l’industria discografica e lo Stato, alimentando il circuito malavitoso, ma ha colpito giovani artisti su cui non si voleva più investire». 

C’è chi ha un parere diverso su questo. Si racconta che giovani artisti si presentavano dai Frattasio per intraprendere carriere. Era vero?

«Era un successo effimero e locale, legato al mondo del live, come fosse un biglietto da visita per andare a cantare ai matrimoni di quella zona. La pirateria colpiva i grandi titoli e le hit di cui si nutriva il mercato. Si racconta la favola che questa attività abbia sviluppato artisti locali, ma nessuno ha poi investito su di loro. La grande differenza tra quanto succede oggi con lo streaming e quanto succedeva allora con la pirateria. Si vedano i numeri di Capo Plaza, Rocco Hunt, Liberato, Luchè, Geolier, artisti che allora non avrebbero avuto il successo di oggi. Lo streaming ha sconfitto la pirateria, anche quella digitale di Naspter, proprio grazie a piattaforme come Spotify e iTunes». 

L'artista napoletano Tony Tammaro, commentando il film, definisce l’etichetta dei Frattasio «croce e delizia» e si interroga: «Non so se essere grato a loro per il mio successo o se ne avrei avuto di più se loro non ci fossero stati». Che ne pensa?

«Il fenomeno riguardava i grandi successi nazionali e internazionali. Come il Festival di Sanremo.

Loro avevano in anteprima le uscite grazie, come risulta da atti del processo, a una talpa all’interno della Discoteca meridionale che era distributore di Napoli». 

Quando nel 1987 il Napoli vinse lo scudetto, a Sergio Caputo successe che la sua "Il Garibaldi Innamorato" fu passata in Rai stravolta nel testo, con il titolo di "Il Maradona Innamorato".

«Perché il diritto d’autore esisteva, ma non era tutelato. Le norme più severe arrivarono dopo, per fortuna». 

Ci sono alcune ricerche sul gap atteggiamento-comportamento nel consumo di musica che hanno sottolineato gli effetti quasi “positivi”della pirateria. E' possibile?

«Di positivo non ci vedevo nulla. Oggi si guarda come fosse un fenomeno vintage. Ma allora era solo concorrenza parassitaria. Tutti i neo melodici furono interessati dal problema. Pino Daniele fu devastato (per ogni cassetta ne esistevano 3 piratate). La pirateria portò al disinteresse della discografia nei confronti degli artisti napoletani perché non era remunerativa». 

Ha raccontato che durante un incontro del comitato per la pubblica sicurezza e il console USA a Napoli, parlando dei numeri del fenomeno e dei danni causati al settore come risposta ebbe: “Meglio che vendano le cassette pirata che la droga”. Era così sottovalutato il problema?

«Purtroppo, sì. Si pensava che aiutasse le famiglie. Il settore musicale non era considerato un settore culturale da sostenere. Si pensava che i soli danneggiati fossero i ricchi artisti americani o le grandi major. Non si capiva ancora l'effetto perverso della pirateria che finiva per togliere investimenti su emergenti o sugli stessi artisti napoletani».

Lei è d’accordo con la definizione che si dà a quel periodo di “generazione pirata”?

«Si, certo. Riassume un fenomeno enorme entrato in crisi con internet. Ricordo una frase che mi disse un venditore ambulante durante una delle mie trasferte a Napoli come risposta al non vendere più dischi pirati: “Dotto’ internet ci ha rovinato!” Aveva ragione». 


Ultimo aggiornamento: Sabato 18 Marzo 2023, 14:23
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