Ennio Morricone, il Maestro della musica: il mondo piange il compositore italiano più famoso

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di Totò Rizzo
Se n’è andato così come aveva vissuto, Ennio Morricone, morto ieri a 91 anni in una clinica romana dopo una caduta che gli aveva causato la rottura del femore: con discrezione. Perfino il necrologio s’è scritto da sé chiedendo funerali privati, «non voglio disturbare». Schivo ma non burbero, riservato ma affabile nei rapporti, generoso e ironico solo come certi romani trasteverini. Eppure è stato il compositore italiano più famoso nel mondo a cavallo tra il Novecento e il nuovo millennio, il più premiato – dagli Oscar ai Golden Globe, dai Bafta ai Grammy – e, in casa, da dieci David e dieci Nastri d’argento. 
 
 


GLI ESORDI Formazione classica, Santa Cecilia con Petrassi in cattedra di Composizione. Ma nell’Italia del dopoguerra bisogna arrangiarsi e il primo diploma (in tromba) gli torna utile per il repertorio jazz americano. Entra in Rai ma dura poco, quando sa che non si possono trasmettere brani scritti da dipendenti, se ne va. 

LA MUSICA LEGGERA Versatile, abilissimo tecnico del pentagramma, diventa dai primi anni ’60 l’arrangiatore principe per quel vivaio di muovi talenti che è la Rca Italiana. L’intro in crescendo sinfonico di In ginocchio da te, il martellante trillo di piano de Il ballo del mattone, i due tasti in dissonanza dell’incipit di Sapore di mare, la citazione quasi cameristica dei violini ne Il pullover, il respiro degli archi che si spalanca su Il mondo: tutta roba sua. Coniugare la ritmica che è urgenza di quegli anni con la melodia è frutto di genialità e di pensiero. Poi c’è il capolavoro di suo pugno: Se telefonando. Con la voce di Mina diventa un evergreen. 

IL CINEMA È con il grande schermo che arriva la popolarità internazionale. Con gli spaghetti western del suo ex compagno di scuola Sergio Leone (la Trilogia del dollaro, ma gli firma anche C’era una volta in America, gangster movie dell’addio) e di Duccio Tessari, con la cifra politica di Elio Petri (Indagine su un cittadino…) e di Giuliano Montaldo (Sacco e Vanzetti), quella sociale di Patroni Griffi (Metti, una sera a cena) e poi commedie, fantascienza, avventura, storia, thriller, l’incontro con i grandi nomi stranieri, da Tarantino a De Palma, da Carpenter ad Almodovar. Nella maturità, la sintonia con Tornatore, quasi un figlio adottivo, da Nuovo Cinema Paradiso a Malena, a La sconosciuta. 

Si è speso fino all’ultima briciola di energia, nonostante età e acciacchi, dirigendo le sue musiche, in Italia e all’estero, dall’Arena a Caracalla, dalla Carnegie Hall ai teatri lirici. Concerti sunto di una vita, pubblico trasversale per generazioni e gusti, ovunque trionfi. In attesa, col fiato sospeso, che desse l’attacco a questo o a quel suo classico «perché se non glieli suono – diceva con ironia – questi qui me mènano».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 7 Luglio 2020, 09:20
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