Dodi Battaglia: «Con le mie chitarre sul palco per raccontare in musica 50 anni di carriera»

Dodi Battaglia: «Con le mie chitarre sul palco per raccontare in musica 50 anni di carriera»

di Rita Vecchio

Venti chitarre sul palco per più di venti episodi di una lunga carriera. Dodi Battaglia porta in scena la sua storia. L’incoscienza di esibirsi sul palco di Jimi Hendrix, la laurea honoris causa, più di 3000 concerti in tutto il mondo, oltre 150 milioni di dischi venduti, 200 canzoni come autore, i premi come miglior chitarrista europeo e italiano, il Festival di Sanremo e, naturalmente, i Pooh. Sono una sintesi dei suoi 50 anni di carriera in un racconto in musica, “Nelle mie corde - Canzoni & Sorrisi” che debutterà stasera a Milano al Teatro Lirico (12 e 13 novembre a Roma al Teatro Ghione e un calendario di date che si chiuderanno a Torino in primavera) per la regia di Fausto Brizzi (“Notte prima degli esami”) e con la partecipazione dell’artista Eleonora Lombardo. «Ho fatto tanti debutti ma esaltanti così non mi era mai accaduto», racconta l’ex Pooh (71 anni). «Raccontarsi con leggerezza, togliendosi il peso delle medaglie, credo faccia solo bene. È uno spettacolo leggero e spiritoso che sa prendersi in giro».
Qual è stata la molla da cui nasce l’esigenza di uno spettacolo parole, musica e strumenti?
«Il mio libro “Le mie 60 compagne di viaggio” che altro non sono che le mie chitarre. Ne ho un centinaio, ma quelle a cui sono più legato sono 60 che non sono riuscito a portare tutte sul palco. Saranno una ventina a rappresentare ognuna lo spaccato della mia storia. Parto dal primo capitolo».
E cioè da dove?
«Da una chitarra eko anni 60, la prima che ho portato su un palcoscenico, in madreperla e appariscente».
Su quale palcoscenico?
«Quello di Jimi Hendrix a Bologna. Era il 1968 e ho avuto l’ardore e l’incoscienza di un ragazzo di 16 anni qual ero di suonare un suo brano prima del suo concerto. La cosa sconcertante è stato che nessuno mi ha menato (ride, ndr). Nemmeno lui, che purtroppo non ho conosciuto».
E la chitarra di “Dammi solo un minuto” e “Chi fermerà la musica”?
«Ci sarà. Una chitarra dei primi anni 70 che avevo pagato appena 300mila lire e con cui ho venduto un milione di dischi. Sono affezionato, era stata di poca spesa e di molta resa. Come ci sarà la chitarra con cui abbiamo vinto nel 1990 il Festival di Sanremo con “Uomini Soli”».
Due ore di spettacolo che passerà in rassegna momenti belli e brutti. Qual è stato il momento più bello?
«La rivalsa che ci siamo presi con “Parsifal” dopo che la critica ci definì bravi ma solo a scrivere canzonette. Quello è stato il momento che ha rappresentato per me e per i Pooh il crinale nella storia della band. Io ringrazio la critica per avermi permesso di fare un salto in avanti e di distinguerci nei confronti di centinaia di gruppi che stavano nascendo. Grazie anche a quella scelta siamo riusciti a durare 50 anni».
Ci sarà il ricordo di Stefano D’Orazio?
«Sarà proiettato un video inedito in cui canta “Dimmi di sì”. E io gli dedicherò “Una Storia al presente” del mio ultimo disco “Inno alla musica” che racconta quello che i miei occhi hanno visto in una Piazza del Popolo gremita di amici e fan, nella giornata del suo ultimo saluto e canto ciò che non sono riuscito a dirgli in tanti anni di amicizia».
Il suo pregio?
«La generosità e l’intelligenza. È stato il vero collante dei Pooh. Il suo strumento (batteria) lo faceva stare un passo indietro e questo gli ha permesso di avere una visione più distaccata ma reale di quello che era e che eravamo».
Il sottotitolo dello spettacolo è “Canzoni e Sorrisi”.
«È l’obiettivo della messa in scena.

Voglio portare allegria e divertimento».


Ultimo aggiornamento: Sabato 12 Novembre 2022, 16:09
© RIPRODUZIONE RISERVATA