Diodato: «Bisogna sconfiggere l'indifferenza e capire che stiamo affondando tutti»

Il cantautore pubblica un nuovo album "Così speciale": «Dieci attimi di vita, dieci sguardi sul mondo e dieci tuffi negli abissi interiori per raccontare la nostra giostra quotidiana». Dal 15 aprile in tour, italiano ed europeo

Diodato: «Bisogna sconfiggere l'indifferenza e capire che stiamo affondando tutti»

di Rita Vecchio

Miracolo, salvezza, naufragio, respiro. Parole che trasudano di umanità e che riempiono di chiaroscuri l'album di Diodato, “Così speciale”, pubblicato oggi. E’ un cantautorato che percorre una strada sua, elegante e raffinata, dai suoni vestiti ad hoc per raccontare tematiche e riflettere sull'attualità che la circonda. Dieci tracce, «dieci attimi di vita, dieci sguardi sul mondo e dieci tuffi negli abissi interiori per provare a riemergere con dieci fiori che profumano di vita» e dipinti in copertina. Un album alternativo, prodotto e mixato da Tommaso Colliva (nel 2016 Grammy Award per il disco Drones dei Muse), anticipato dal singolo omonimo con cui Antonio Diodato chiude, in modo non tanto velato, il cerchio legato alla pandemia iniziato con "Fai rumore".


Diodato, lei apre l'album “Così speciale”, fresco di stampa, con la banda e con un "casino esistenziale" che definisce normale. Perché?
«E’ il manifesto di ciò che viviamo. Siamo in una giostra che offre pochi punti saldi in cui tutto passa come ordinario. “Siamo tutti calzini spaiati, bucati e bagnati ma convinti che siano quegli altri a essere sbagliati” (inizia a canticchiare, ndr). In questi tempi feriti "Ci vorrebbe un miracolo", appunto, pensando sempre di farcela». 

Qual è il miracolo?
«Sconfiggere l’indifferenza. E’ più facile voltare le spalle che guardarsi attorno». 

Nel disco, è più un osservatore o più un protagonista?
«Entrambi, parte integrante di questa umanità. Mi sento una barca in mezzo al mare, dove la parola naufragare è forte, ma attuale. La cronaca degli ultimi giorni ci sta devastando. E’ drammatico non capire che ad affondare, insieme a quei disperati che sperano di arrivare in Italia, è la nostra visione del mondo». 

Dieci brani, prodotti e mixati da Tommaso Colliva  che fotografano l’attualità, la società…
«…Il populismo, lo strazio di tempi caotici che non sanno ascoltare ma che urlano solo la propria idea. Siamo figli di ciò che ci succede, fare finta di non vedere è un errore». 

E la musica che fa?
«E’ catarsi, è salvifica, è un atto di speranza. A me ha dato la possibilità di creare un ponte con gli altri. E "Così Speciale" è un album in cui non volevo essere solo, in cui ho riconosciuto dentro di me fiori fragili ma nello stesso tempo forti e che sono in copertina (disegnati da Paolo De Francesco, lo stesso del precedente album “Che vita meravigliosa”, ndr)». 

Che rapporto ha con la politica, ci crede?
«La politica è fatta di persone. C’è un sistema che omologa e ostacola chi vuole fare delle rivoluzioni. Questo è un buon momento politico per il cambiamento. Collaboro con il primo maggio di Taranto (di cui è direttore artistico, ndr), ma l’Ilva non è solo di Taranto. E’ fare politica, nel significato più bello del termine, quello dell'incontro di persone che vivono nella stessa società e che si confrontano». 

Perché non ci sono le canzoni militanti di una volta?
«Perché non c’è connessione diretta tra artista, problematica e semplice cittadino. Prima si viveva più a stretto contatto con il mondo esterno, adesso tendiamo a isolarci e a vivere nel nostro piccolo nucleo. Il paradosso oggi è che se un artista parla, gli dicono che deve pensare a cantare, come se fosse avulso dalla società. Non credo si debba per forza fare canzoni militanti per mandare messaggi. Quando canto Lucio Dalla penso al momento storico in cui ha scritto, legando di conseguenza un messaggio. E credo che un artista non debba per forza scendere in piazza». 

Lei è sceso in piazza, per la pace.
«Sì, ma ho manifestato da cittadino del mondo e non da artista». 

Aveva un disco in uscita e non è andato all’ultimo Sanremo. Perché?
«Perché sentivo la necessità di lavorare a questo album senza pensare al Festival.

So che partecipare sarebbe stato risonante per Così speciale, ma ho scelto un percorso che oggi (sono consapevole) è alternativo». 

Quindi non ci ha nemmeno provato?
«Mi sta chiedendo se avevo mandato un brano ad Amadeus? No, perché avrebbe poi significato che qualora fosse stata scelto non avrei potuto dire di no. Dopo tre partecipazioni (l’ultima nel 2020, vincendola con "Fai rumore" che diventa la canzone più cantata durante la pandemia, ndr), mi sento a casa, è un posto in cui mi sento bene». 

In “Occhiali da sole” dice che sua madre è preoccupata perché non si è ancora "sistemato". Vuol mettere su famiglia?
«Beh, credo che sarei un buon padre... Mia madre non l’ha ancora ascoltata (ride, ndr). E’ una canzone che parla delle aspettative di una vita, delle nostre proiezioni e di quelle delle persone che ci amano e che vogliono proteggerci. Ci sono domande a cui non si hanno risposte. Guardo la vita degli altri e dico che un paio di occhiali da sole possono tornare poi utili». 

Che Diodato abbia più che una passione per il cinema, è risaputo. Nuovi progetti?
«Mi piacerebbe, ma non ho nulla per ora. Nel disco c’è “Se mi vuoi”, colonna sonora di  “Diabolik – Ginko all’attacco!” (film dai Manetti Bros., ndr). Sono due mondi che da sempre convivono in me. La musica amplifica il messaggio del cinema». 

E un corto o un videoclip, come Tananai ha fatto in Tango?
«Non ci ho ancora pensato. Tananai ha fatto un bel lavoro, raccontando l’amore sotto le bombe e l'atrocità della guerra in Ucraina. Non so se la canzone è nata partendo da quella storia o se l’ha inserita dopo. Pensare alla mia musica come colonna sonora della vita è andata crescendo sempre di più».

Un nome: con chi le piacerebbe lavorare?
«Sono tanti i registi italiani».

Se i nomi non li fa lei, li faccio io. Paolo Genovese, Paolo Sorrentino o chi altro?
«Mi sta nominando dei grandissimi, e sarebbe fantastico fare qualcosa insieme. Nel disco non ho alcun featuring non perché non mi piaccia collaborare, ma perché al contrario credo che una qualsiasi collaborazione debba nascere spontaneamente, come fosse un incontro sincero tra esseri umani. Per me la musica è condivisione, un dialogo con l’altro, un momento di insieme. Deve essere così per me anche con il cinema».

Da cantautore con una strada autonoma, che pensa della scena musicale che sta a contare i numeri?
«Che è agghiacciante. Un artista viene presentato con una lista, anteponendo le classifiche alla qualità della musica che fa. Mi piacerebbe che almeno di me si parlasse in questi termini. Ovvero di uno che ha fatto musica in un certo modo e con sincerità».

Cos'è saggezza o la conseguenza delle bastonate (le chiama così) della gavetta?
«E’ proprio il mio modo di concepire la musica. Ho dei discografici lungimiranti (Carosello, ndr) ma che comunque devono fare i conti con quella cosa lì che si chiama “numero”. Un tempo, la maggior parte degli artisti non aveva la necessità di essere sempre al primo posto. E io penso che essere sempre al primo posto appiattisce, portando gli artisti a fare determinate scelte che non sono di sostanza e di valore».

Andrà in tour: dal 15 aprile, 10 date italiane ed europee. Che concerto sarà?
«Un concerto di musica piena, un flusso che si trasforma sul palco che diventa luogo di grande condivisione. Avrò una piccola orchestra al seguito che suonerà come una band. Io starei sempre in tour. Il live è sempre stata e rimane la dimensione che amo».

 

 

 

 

 


Ultimo aggiornamento: Sabato 1 Aprile 2023, 15:19
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