De Gregori, i 70 anni del Principe che mise la vita in note

De Gregori, i 70 anni del Principe che mise la vita in note

di Niccolò Agliardi*

Mio padre non poteva immaginare che durante quel viaggio in auto da Milano a Palermo stava costituendo buona parte dell'identità futura di suo figlio. Era il 1980, l'aria pesante d'agosto e quella della discordia ci rendeva silenziosi. Mamma e papà si erano appena aggrappati all'ultimo brandello di resa possibile: alzare il volume dell'autoradio e smettere di discutere. Nell'abitacolo della station wagon familiare circolavano le parole e la musica di una strana canzone. A metà tra una ninna nanna e una letterina ingenua e feroce. «Gesù, piccino picciò, Gesù bambino, comprato a rate. Chissà se questa guerra potrà finire prima dell'estate». Ricordo che quelle rime lasciarono un riverbero lungo molti chilometri. Non sapevo affatto cosa volesse dire la parola rate. Però «suonava bene». Quel signore con la voce calda e sghemba e con quell'accento così poco familiare, lontano dallo strascico della borghesia milanese in cui stavo crescendo, che raddoppiava le B quando diceva libberi, probabilmente si stava ponendo la stessa domanda che in quei giorni rivolgevo anche io al mio Gesù Bambino.

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TESTIMONE E COMPLICE
Come faceva a sapere anche lui delle furiose litigate tra i miei genitori? Mi stava forse leggendo nel pensiero? E come poteva conoscere così bene la stessa aria di guerra che mia sorella ed io respiravamo, cianotici, all'interno della berlina che ci stava portando verso l'ultima sponda di una famiglia destinata all'implosione? Dopo quella vacanza i miei genitori si separarono; io scoprii che al mondo si combattevano guerre ben peggiori della nostra, che tutti ci saremmo - comunque - salvati; che in quella cassetta c'era un'altra bella canzone che mi piaceva mandare a memoria: Viva l'Italia. E che quel cantante si chiamava Francesco. Da quel momento De Gregori, per brevità chiamato Degre, è stato testimone, complice, affiliato e socio di ogni tempo della mia vita. Sono passati 40 anni. Giorno più, giorno meno; fortuna più, sventura meno. In qualsiasi viaggio ho sempre portato con me le sue vedute. Si dice che i poeti siano quelli che pensano e dicono le stesse cose che diresti tu, con la sottile differenza di saperlo fare molto meglio di te. Ma mancano poche ore al suo compleanno e non è mia intenzione irritarlo. Il poeta non è un cantautore, e le canzoni non sono poesie. Ci terrebbe a puntualizzare. Sempre meno Principe e sempre più Monsieur. Un Signore. Perché la sua fortezza è diventata il mondo, il fuori, e non più solo un castello eremitico dove barricarsi. Il suo perimetro è l'orizzonte. Scrivere di lui, per me, è come scalare una roccia a mani nude e trovare un approdo e qualche graffio ad ogni livello di altitudine. Così come l'effetto che le sue canzoni hanno su di noi, poveri e strapazzati fans. Costretti a subire i suoi cambi di rotta, i suoi tradimenti. Pronti ad accogliere ogni sua sentenza e poi ritrovarci un decennio più tardi ancora d'accordo con lui e con le sue sconfessioni. Noi, pronti alle barricate quando cercavamo invano di cantare all'unisono le sue canzoni che cambiavano ad ogni concerto e che alla fine, per fortuna, cambiavano anche il nostro sguardo, spostandolo ogni volta un poco più in là.

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Con Alice ci ha ricordato che nella vita possiamo perdere treni, aerei e anche persone, ma che presto o tardi qualcuno tornerà a prenderci. Che la critica, quando ci si mette d'impegno, cerca l'ermetismo anche dove forse, l'ermetismo non c'è. Che si può vivere di innamoramenti intensi e passeggeri per la cultura dadaista e per Bob Dylan ma che si ritorna ad essere in fretta Francesco De Gregori se si è De Gregori. Si può anche partecipare al Disco per l'estate, magari piazzandosi ultimi, riuscendo a sopravvivere a questa sconfitta tecnica con la sola intuizione che le grandi canzoni sono fatte - soprattutto - per poter essere fischiettate. È per le stesse ragioni che si può andare a duettare con i ragazzi di Amici rallegrati che alcuni di loro nemmeno sanno chi sia il Degre, ma sono tutti pronti alla fine ad affermare che certe sue rime siano persino più belle delle punch-lines dei trappers da classifica. E guai a dire a uno che aveva 24 anni quando ha scritto Bufalo Bill e 23 quando ha composto Rimmel che i ventenni di oggi ambiscono solo a diventare influencer. Ti risponde che cambiano le forme dell'impegno, non l'impegno. Che a 70 primavere (quasi) compiute non si è legittimati nemmeno a pensare che una generazione sia meglio di un'altra. «Sono solo passati cinquant'anni. È cambiato il mondo, il suo scenario, la geografia e il modo che i giovani hanno di guardarsi attorno. Questo non può e non deve rappresentare un problema per nessuno». Il mio papà dev'essersi dimenticato di dirmi che la letteratura è spesso figlia della sofferenza e dell'inadeguatezza. Che un individuo pacificato e risolto con sè stesso, un po' rischia di diventare noioso, e un po' fa fatica a trovare la spinta per sfidare il mondo a duello. Aveva forse affari più urgenti prima di indicarmi che una bella storia nasce sempre da un patto non chiarito, da qualche piccola o grande spina. E che tutto può diventare canzone, ad esserne capaci. Sarebbe stata una grave mancanza se non mi avesse fatto ascoltare quella cassettina, tanti anni fa. Poi ci ha pensato lei, il Degre, a dimostrare che su certi suoi capolavori avremmo pure imparato a ballare se anche la musica e le parole ballano insieme a dieci centimetri dal centro del dolore e della gioia.
LA VERITÀ MANCATA
Che serve una distanza di sicurezza, il breve intervallo di un braccio che ci consenta di toccare l'altro mantenendo sempre il fuoco anche sui nostri confini. Buon compleanno, mio amato Principe. E grazie per averci insegnato che non esiste alcuna verità acquisita, ma che soltanto mancando una verità si può proseguire nella ricerca, non trovandone altre. Mi perdoni un solo appunto: guardi che è proprio lei. quello seduto accanto. Che prende la mano e che asciuga il pianto. E non si appelli alla sua solita manfrina che suonava bene: noi che l'abbiamo scelta abbiamo la presunzione di saper fare tana alle sue piccole, trascurabili bugie.
*cantautore milanese, autore storico di Laura Pausini


Ultimo aggiornamento: Sabato 3 Aprile 2021, 18:29
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