Claudio Baglioni conquista le Terme di Caracalla al debutto dei suoi dodici concerti: arena sold out e pubblico in visibilio

Claudio Baglioni conquista le Terme di Caracalla al debutto dei suoi dodici concerti: arena sold out e pubblico in visibilio

di Valeria Arnaldi

Proiezioni, giochi di luce, una ouverture strumentale e una sorta di portale che si fa accesso in scena per l’artista e anche per dodici performer chiamati a dare corpo, movimento, gestualità ai “personaggi” di una articolata narrazione, composta dai diversi brani. È sulle note di Io sono qui che Claudio Baglioni ha fatto il suo ingresso nell’arena delle Terme di Caracalla, il 3 giugno, nel primo dei dodici concerti Dodici Note - Tutti Su! - fino al 19 giugno - evento di apertura della stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma. Un momento emozionante per l’artista, al suo debutto nell’arena di Caracalla. E una responsabilità, visto che mai finora l’apertura della stagione del Teatro dell’Opera di Roma era stata affidata a un compositore e interprete di musica moderna.

 La tensione, però, si è sciolta in un attimo, al primo botta e risposta musicale con il pubblico. Ecco allora, Dodici Note, Acqua dalla Luna, Dagli il via, Un nuovo giorno  un giorno nuovo. «Possiamo incantarci d'incanto? Stupirci di stupore? Meravigliarci di meraviglia?», domanda Baglioni, tra un brano e l’altro. E gli spalti sono tutti per lui. Il concerto ha fatto registrare il sold out ed è così anche per molti di quelli che verranno dopo. Ad ascoltare - e cantare - i suoi brani sono famiglie con bambini, giovani coppie, altre che con le canzoni di Baglioni sono cresciute, gruppi di amici. Una platea trasversale, che ha voglia di abbandonarsi alle sonorità e alle suggestioni della serata. Così, alza le braccia, tamburella con il piede, segue e accompagna il ritmo. E intanto, scambia sguardi complici con i vicini, sorride agli amici, scatta foto e manda video a chi non è al concerto. Perché, probabilmente, c’è qualcosa di Baglioni nella storia di ognuno, che sia il ricordo di un amore perduto o la celebrazione di un legame ancora solido, più semplicemente ancora, la memoria di una gioventù magari un po’ lontana all’anagrafe ma decisamente “vicina” nel ricordo. Baglioni lo sa e canta Gli anni più belli: «…Se le cose che ci fanno stare bene sono qui proprio qui, forse no, forse sì, sempre qui, e siamo noi ancora quelli…».

Claudio Baglioni (foto Roberto Panucci)

Il ritmo è intenso, pressoché senza pausa. Nella musica e anche sul palco, tra performer, coro, orchestra. Un po’ di più è dichiarazione da batticuore che qui pare assumere un nuovo significato, quando i performer usano tacchi rossi, simbolo della lotta al femminicidio. Poi, Amori in corso, Come ti dirò, Io non sono lì, Quante volte. E ancora, Mal d’amore, E adesso la pubblicità, Io me ne andrei, Con tutto l’amore che posso, in una ben calibrata alternanza di successi storici e brani più recenti, di ritmi “accesi” e altri lenti, romantici, appassionati. Il pubblico canta e batte le mani, ma, inizialmente forse intimorito dal luogo monumentale e dalla sua storia, rimane compostamente seduto. È questione di poco. L’emozione è evidente, si misura negli sguardi che si cercano, nelle mani che si stringono, nei baci che nelle platee dei concerti  di Baglioni sembrano non mancare mai. A Fammi andar via, l’energia fino a quel momento trattenuta, esplode. Tutti in piedi. Anzi, Tutti Su!, come recita il titolo del concerto.  W l’Inghilterra alza ulteriormente il ritmo. Poster, invece, è lenta, più bassa, commossa e commovente.

Al fianco dell’artista, il figlio Giovanni che lo accompagna alla chitarra e chiude il brano con un morbido pizzicato.

La scaletta prosegue con un sollecito a riflettere sulla guerra. In ogni tempo. Così, Uomini persi, Ninna nanna della guerra - brano composto musicando una poesia di Trilussa - Buona Fortuna. E questa parte del concerto si chiude, non a caso, con Noi no.

Poi Baglioni si siede al pianoforte. È il momento, attesissimo, del “canzoniere”. Interpreta Questo piccolo grande amore, Amore bello, E tu… ,Sabato pomeriggio, E tu come stai? Il pubblico è in piedi, sotto il palco, alza i cellulari, come una volta avrebbe e forse ha fatto con l’accendino. E accompagna l’artista, strofa dopo strofa, senza perdere una parola, un sospiro, una nota. Sono mille adolescenze di ieri, mille amori perduti e rimasti impigliati tra le note, mille dichiarazioni taciute e silenzi rimpianti a intrecciarsi sotto i riflettori. «E io sono un uomo di varie età - canta Baglioni - Ho attraversato gli anni e le stagioni e ho contato il tempo a patto che non invecchiasse queste mie canzoni ma portasse il conto solo a me». Una “promessa” mantenuta, a giudicare dalla risposta della gente.

Il concerto va avanti, prosegue per oltre tre ore. C’è Strada facendo. Poi, i bis. Baglioni emoziona con Avrai, dove, a richiamare il messaggio pacifista subliminalmente espresso, affida al pubblico il passo  «… una radio per sentire che la guerra è finita». È un’ovazione ad accogliere Mille giorni di te e di me. Si chiude con Via e La vita è adesso. Tutti in piedi - ancora - e con la voglia di portare la “carica” di quel ritmo nella notte e ancora oltre a dare nuova forza ai giorni. Baglioni saluta: «Fate bei sogni… ma più che altro realizzateli».


Ultimo aggiornamento: Sabato 4 Giugno 2022, 10:36
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