Chiara Civello, nuovo disco e tour: "Faccio musica internazional-popolare"

Chiara Civello, nuovo disco e tour: "Faccio musica internazional-popolare"

di Claudio Fabretti
«La mia missione è allargare i confini della canzone italiana. Voglio essere internazional-popolare». Chiara di nome e di fatto, l’ambizione della ragazza per la quale si scomodò Burt Bacharach (scrivendo per lei Trouble) e che Tony Bennett definì «la miglior cantante jazz della sua generazione».

Dopo tanto girovagare tra Usa e Brasile, miss Civello ha rimesso radici in Italia. E le vuole consolidare con il nuovo album, Eclipse. Quali sono le novità di questo disco? «Anzitutto, l’elettronica. La produzione di Marc Collin (Nouvelle Vague) modernizza canzoni piuttosto classiche, attraverso synth e drum machine, ma al tempo stesso le rende un po’ vintage con strumenti anni 70 come gli organi elettrici».

E poi ci sono firme importanti del pop italiano...
«Sì, il precedente Canzoni era nato proprio dall’esigenza di omaggiare i classici italiani dopo tanto peregrinare. Qui ho cercato di avvicinarmi ancora di più all’Italia cercando le voci più originali della scena di oggi: Francesco Bianconi (Baustelle), Cristina Donà, Dimartino, Diego Mancino. Con loro ho cercato una sintesi tra tutte le anime della mia musica: quindi il jazz, il pop, la bossa nova...».

Il risultato è molto raffinato. Forse anche troppo per le nostre classifiche?
«Non è un problema. Non vorrei mai diventare una di quelle cantanti che cambiano qualche virgola per fare audience. Ma sono anche ottimista perché vedo feedback positivi, giro i teatri, c’è una crescita costante del mio pubblico. In ogni caso ho scelto una vita di musica internazionale, di concerti all’estero, di collaborazioni, cose che ti fanno sentire viva nel mondo, non solo nel mio paese».

In “Eclipse” ci sono molte cover che si ispirano al cinema. Qual è il tuo rapporto con il grande schermo?
«Sono una grandissima amante del cinema, anche contemporaneo. Ma per essere fedele alle sonorità scelte con Marc, abbiamo puntato sui decenni 60 e 70, in cui la musica italiana ha raggiunto uno dei picchi più alti, con un sincretismo pazzesco: classica, jazz, bossa nova, funk... Poi mi piaceva l’idea degli incontri tra musicisti, attori e registi, per questo ho scelto Eclisse Twist, scritta da Antonioni con Giovanni Fusco, o Quello che conta, composta da Morricone con Salce, e Amore, amore, amore, firmata da Piccioni insieme ad Alberto Sordi».

Non poteva mancare il tuo amato Brasile...
«Sì, in particolare ci sono due brani: Sambarilove, scritta con Rubinho Jacobina, che ha un ritmo ballereccio, il sambalanco, e Um Dia, composta con il chitarrista Pedro Sa, che gioca con le contraddizioni del nostro segno zodiacale: i Gemelli».

Porterai il disco in tour?
«Sì, dai primi di maggio. Inizierà da Roma (Auditorium), poi toccherà anche Napoli, Bari, Milano...».

Che cosa ti ha lasciato l’incontro con Burt Bacharach?
«Mi ha insegnato a sparigliare, a cercare anche nelle canzoni più strutturate quelle correnti d’aria che le movimentano, magari solo togliendo una battuta, aggiungendo un accordo o un beat».

Tornerai a Sanremo o ritieni quell’esperienza una pagina chiusa?
«Non ci penso. Sono concentrata sul presente e se guardo al futuro, sogno altre cose. Però, chi lo sa, un giorno potrei tornarci».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 Aprile 2017, 09:15
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