Briga, attacco ai cantanti italiani: «Con loro ho rotto. Roma? Una mamma che ti culla»
di Rita Vecchio
Dica la verità: ha fatto il disco sperando di farne un film?
«Mi piacerebbe. È come se le canzoni fossero la colonna sonora del romanzo, scritto come fosse una sceneggiatura. È una denuncia sociale e una storia d'amore generazionale».
E lo girerebbe nella Capitale?
«Se non a Roma, dove? Sono visceralmente attaccato a questa città. E ai suoi maestri».
Per esempio?
«Venditti. Le finestre sono gli occhi e San Pietro è la capoccia. Ho sempre ammirato il modo affettuoso di Antonello di parlare di Roma».
Ad Amici è arrivato secondo: il talent è stato una scorciatoia?
«No. Ho mandato a quel paese tutti i cantanti italiani. Ho fatto Amici e ho ritirato dal mercato il disco. Ma ero sicuro di poter fare questo programma come non lo aveva fatto nessuno».
Un po' presuntuoso.
«No. Sono un indipendente e so quello che valgo. La produzione mi ha premesso di essere libero e questo mi ha garantito un'esposizione televisiva più unica che rara, dandomi gli strumenti di cui avevo bisogno».
Il successo lo ha cambiato?
«Ha cambiato le mie abitudini che per uno geloso della sua vita privata e poco social, è tanto».
E come ha reagito?
«Mi sono preso il tempo. Mi sono fermato. Ho fatto con calma».
Il singolo è una storia d'amore finita?
«Finita e che vivo in modo platonico, cantando di una stanza piena di donne, ma poi la verità è che non ti addormenti perché pensi alla ragazza che hai amato».
E, invece, Ciao Papà?
«Credo sia una dichiarazione d'amore. Lui non l'ha ancora ascoltata. Tutto il disco nasce da un'esigenza di comunicare il mio quotidiano in un mondo frenetico. L'ho scritto di pancia e di cuore».
Chi è oggi Mattia Briga?
«Un ragazzo come tanti che ha fatto della tenacia e della perseveranza il suo cavallo di battaglia».
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 30 Maggio 2018, 13:00
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