Biagio Antonacci, il figlio Paolo: «A 20 anni avevo un disturbo compulsivo ossessivo. Mi vergognavo come un cane per il mio cognome»

E' uno degli autori più ricercati del momento: a Sanremo sue le canzoni di Tanani e Rosa Chemical

Biagio Antonacci, il figlio Paolo: «A 20 anni avevo un disturbo compulsivo ossessivo. Mi vergognavo come un cane per il mio cognome»

di Redazione web

Il talento ce l'ha nel sangue, anche se ci ha messo tanto a fare pace con il suo cognome. Paolo Antonacci, figlio di Biagio e nipote di Gianni Morandi, classe 1995, è uno degli autori più ricercati del momento. I tormentoni delle ultime due estati, Mille e La dolce vita, sono suoi.  «Ho fatto pace con il mio cognome. A 20 anni sono stato male, mi vergognavo come un cane... Lo psichiatra mi disse: “Finirà a fare zapping sul divano”. E invece...», racconta al Corriere della Sera. 

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Figlio (e nipote) d'arte

«Ho paura di essere un aneddoto, non voglio essere ridotto a una curiosità perché sminuirebbe quello che faccio. Ho voglia invece di lasciare il segno con la musica e con l’arte. Questo Sanremo è stato psico-magico per me, mi ha fatto fare pace con il cognome, con la sofferenza di essere figlio e nipote di. Ora vivo di questo mestiere, mi posso comprare casa».

I brani a Sanremo

A Sanremo due dei cinque brani in finale erano suoi: Tango di Tananai e Made in Italy di Rosa Chemical.
«La prima parla di amore a distanza e quando è arrivata l’idea del video con la coppia ucraina separata dalla guerra ho capito quanto fosse traslabile in maniera universale. Tana rischiava di essere accusato di approfittare di una tragedia ma col suo atteggiamento è riuscito a evitarlo. Rosa rischiava invece di essere massacrato dalle polemiche ma anche lui è stato bravo a spiegare il senso del suo brano».

Mi ha emozionato, ma nelle storie come la mia anche i genitori/nonni hanno patemi. Noi ce la giochiamo in prima persona, sappiamo che questa carriera è come salire sulle montagne russe, che tutto è labile, ma lo sanno anche loro. E diciamo che in Italia le storie dei figli di... hanno avuto spesso destini non splendidi e che molti validi sono stati vittima del cliché».

 

La fuga e la gavetta

«In terza superiore, avevo tre materie sotto. Ero in quella fase in cui pensi che i tuoi avversari siano nella famiglia, e a questo si aggiungeva il fatto che nell’epoca pre Instagram i personaggi famosi vivevano avvolti nella mitologia e tutti si sentivano in diritto di farti domande. Ecco, allora avrei voluto un altro cognome. Con quella fuga iniziò la pacificazione: capii il suo lavoro, le sue assenze... E quando Tananai ha postato una maglietta con la faccia di Biagio per il loro duetto si è chiuso un cerchio»

La crisi depressiva

«Attorno ai 20 anni ho attraversato un momento difficile: avevo un disturbo ossessivo compulsivo molto forte, sono finito in day hospital per una cura di antidepressivi. Ero nella merda, avevo delle canzoni ma avevo anche paura di espormi per la solita questione di famiglia. Smisi le cure e il dottore temeva l’effetto rebound: “Finirà a fare zapping sul divano”, disse. Sei mesi dopo ho incontrato Davide Simonetta con cui lavoro in coppia e al nostro manager Stefano Clessiloro, ho cambiato cure e mi sono ripreso».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 27 Marzo 2023, 09:00
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