Cinquantenni un po' ridicoli in vacanza:
la passione per la barca a vela

Cinquantenni un po' ridicoli in vacanza: ​la passione per la barca a vela
In esclusiva per i lettori di Leggo.it, un capitolo "estivo" estratto da "Cinquant'anni e non sentirli" di Maurizio Longobardi. Una raccolta di cinquanta racconti su quanto gli uomini riescano a rendersi ridicoli alla soglia del mezzo secolo. CAPITOLO VII



Siamo tutti velisti



Caro Giorgio purtroppo stavolta non posso fare a meno di menzionarti… Non dovevo vedere l’arrivo del corriere di Amazon che consegnava quel misterioso pacco e soprattutto non dovevo vedere che all’interno di quel pacco c’erano quei fiammanti lucenti tecnologici e soprattutto unici, “stivaletti rossi da barca!!”. Ebbene si, era pronto per la partenza, per l’ennesima regata in Barca, il mio caro amico Giorgio, ma stavolta aveva arricchito la sua attrezzatura, già peraltro fornitissima. Vi ricordo che un cinquantenne, non va in barca per caso, si documenta e sceglie il meglio per iniziare! Ma a questo punto non parliamo delle performance che oramai sei in grado di realizzare, dobbiamo inevitabilmente ricordare la prima uscita in barca. Non riesco a non sorridere, pensandoti con gli stivaletti rossi e la cerata pronto all’imbarco del porto di Talamone con 36 gradi all’ombra, ma questa è pura fantasia e rido solo io, focalizziamoci invece sull’inizio. Erano pronti per uscire in barca con la formazione di cinque velisti professionisti e due neofiti, i due erano Giorgio e Fabio. Non vorrei farli passare come Gianni e Pinotto, ma raccolgo in loro spunti di decine di situazioni per poi rappresentarle a beneficio di tutti. Si partiva da Talamone, ridente porticciolo situato in Toscana, era una giornata calda soleggiata e 36 gradi all’ombra, unico piccolo difetto il mare un pochino increspato. Partenza alle ore 9:30 puntuali, dopo ovviamente aver espletato tutti i rituali relativi all’evento, come farebbe qualsiasi Team di regatisti alla World Cap.
Rapidi scambi di idee, rotte, citazioni varie ed erano pronti per salpare. Salirono tutti a bordo e cominciarono a prendere posizione, ognuno nella postazione affidata, si sciolsero le vele appena usciti dal porto e con quel bel tempo si affrontò il mare aperto. Bello anzi, bellissimo quel tempo, anche se il mare si andava increspando sempre più. Fabio cominciò a vedere all’orizzonte qualche righetta verde e subito dopo a Giorgio iniziava a girare la testa. Luca, il capo team, li invitò in cambusa per mangiare qualche pezzetto di parmigiano, si sa che a stomaco vuoto e con quelle onde la barca poteva dare qualche problemino. Ligi alle istruzioni si divorarono tre etti di parmigiano a testa ma con scarsi risultati, salirono a prua e dopo si spostarono a poppa. Sembravano due palline all’interno di un vecchio flipper, sino all’inevitabile… Uno ad uno, affacciati dalla barca che vomitavano pure gli occhi: «No, no, stiamo bene!». Cercavano di tranquillizzare gli altri, sino a quando la barca cominciò ad imbarcare schizzi di acqua dappertutto. Il mare oramai era forza sette e bisognava fermarsi oppure rientrare in porto. Per loro due, gli uomini Rockford, «vi ricordate quel macho che sfidava le onde di due metri senza muoversi di un passo nella pubblicità del profumo?». Si poteva procedere tranquillamente. Giorgio alzandosi di corsa si precipitò a poppa partendo dalla prua, ma ahimè, il legno della barca intriso d’acqua non trattenne i piedi sul legno e volò come fosse un ballerino di rap nel pieno di una esibizione… Un attimo di gelo, per capire che non aveva riportato fratture e poi per tutti un coro di risate a squarciagola. Rimasero in barca, resistettero sino alla fine, ma per una settimana camminarono in ufficio barcollando qua e là, le onde erano rimaste nel loro cuore, ma soprattutto nella loro testa…

Ultimo aggiornamento: Lunedì 17 Agosto 2015, 18:02
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