Paolo Calabresi al Giffoni: «Un nuovo Boris per sfidare l'era streaming»

Paolo Calabresi al Giffoni: «Un nuovo Boris per sfidare l'era streaming»

di Alessandra De Tommasi

GIFFONI - Sul blu carpet del Giffoni Film Festival si leva un solo grido: Biascica! Viene accolto così Paolo Calabresi, in una sorta di ovazione per il suo personaggio cult della serie Boris, che sta per tornare su Disney+ con la stagione 4. L'attore romano, che ha appena ultimato le riprese di Mollo tutto e apro un chiringuito, si è trasferito sul set di Diva, il film di Costanza Quatriglio sulla virologa Ilaria Capua. Partecipare a un evento per ragazzi è un'emozione unica, soprattutto per chi è artista ma anche padre.

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L'emozione più forte vissuta di recente?
«Io e mia moglie siamo scoppiati a piangere qualche settimana fa quando per la prima volta e con le dovute misure di sicurezza abbiamo accompagnato nostro figlio minore a una festicciola. Dopo un anno e mezzo di reclusione ci ha detto: Questa è la gioia più grande della mia vita».


Il suo progetto più atteso resta Boris 4. Dopo Paolo Sorrentino, quale collega vorrebbe come ospite?
«Toni Servillo innanzitutto e poi Pierfrancesco Favino, che dalla prima stagione prendiamo in giro dicendo che fa tutti i ruoli disponibili, compreso il fantomatico Moggi, un eroe italiano».


Novità in arrivo?
«È un modo di guardare alla vita con ironia e intelligenza e stavolta affronta nuove sfide. È finita l'era in cui il pubblico è prigioniero di un'offerta tv brutta, come Gli occhi del cuore, quasi costretto con occhi aperti con gli stecchini, come in Arancia Meccanica.

Le piattaforme cambiano tutto, anche se a volte non offrono prodotti belli, ma piuttosto di finta qualità: anche loro hanno bei difetti».


È finita la fase di scrittura?
« I tre sceneggiatori dico ancora tre, perché Mattia Torre (scomparso nel 2019, ndr) lo sentiamo ancora qui continuano a rivedere i copioni pure in fase di riprese perché il microcosmo che si racconta è in realtà il mondo del lavoro con i suoi paradossi».


A 15 anni dalla messa in onda resta ancora iconico. Perché?
«Non dico che la gente s'identifichi con Biascica (il suo capoelettricista, ndr) ma si sente parte delle dinamiche, di queste relazioni a volte surreali, ma coinvolgenti».


La cialtronaggine tutta italiana è stata spunto per un'altra saga, Smetto quando voglio, dove ha ritrovato colleghi di Boris. Coincidenza?
«Vorrei denunciare uno scandalo, non so se è caduto in prescrizione ma è vergognoso: per una volta in Italia si è scelto prima il copione e poi si sono passati in rassegna gli attori che meglio potevano incarnare i ruoli, invece di decidere a tavolino un protagonista e trovargli una parte a tutti costi, come la figlia di Mazinga della serie. Facciamogli fare San Francesco. Ma no, ha fatto pure quello. E allora diamogli Sant'Antonio da Padova. Ecco, sono due eccezioni di successo».


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Ultimo aggiornamento: Venerdì 23 Luglio 2021, 13:21
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