Schrader, il regista di "American Gigolo": «Ero intossicato da sesso e violenza, ora cerco la spiritualita»

Schrader, il regista di "American Gigolo": «Ero intossicato da sesso e violenza, ora cerco la spiritualita»

di Michela Greco
Aveva trent'anni quando scrisse la sceneggiatura di Taxi Driver, quel capolavoro diretto da Martin Scorsese che consacrò Robert De Niro. Ne aveva 34 quando diresse American Gigolò, il suo film più famoso, con Richard Gere nei panni di un uomo che vende il suo corpo a donne mature. Ora che ne ha raggiunti 72, Paul Schrader ha realizzato un film, First Reformed, in cui torna alle sue radici. Quelle che lo legano al trascendente nel cinema, ma anche allo stesso Taxi Driver, il cui protagonista ha diverse cose in comune con Ernst Toller, il pastore protestante - interpretato da Ethan Hawke - che se ne sta chiuso nella sua solitudine mentre affronta una crisi esistenziale e spirituale. Il film, interpretato anche da Amanda Seyfried e Cedric the Entertainer, è disponibile in Dvd e digital downloading.

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Sembra quasi che First Reformed sia il suo film d'esordio, per quanto riassume il suo pensiero sul cinema e sul mondo. È un'idea folle?
«Il primo... oppure l'ultimo. First Reformed sarebbe un buon ultimo film per me, perché chiude un cerchio. Torna indietro al libro Il trascendente nel cinema e alle mie prime sceneggiature. Sarebbe una chiusura perfetta».

Perché è tornato indietro proprio ora?
«Ho ripetuto per anni che non avrei voluto usare i temi del mio libro per un film. Mi dicevo: amo i film sul trascendente, ne ho scritto, ma non ne farei mai uno perché sono troppo intossicato dall'azione, dal sesso, dalla violenza. Poi tre anni fa Pawel Pawlikowski, a cui avevo dato un premio per Ida, mi disse che oggi fare un film come quello è più facile perché costa meno. Ho pensato: è arrivato il momento.



Nel film c'è un attivista ambientalista che ci indica un mondo sull'orlo della catastrofe. Il tema le sembra ancora più rilevante ai tempi di Trump?
«Dico solo che non sono fiero di essere americano in questo periodo. Per tutta la vita ho pensato che fosse bello esserlo, ora non lo penso più...».

Perché ha pensato a Ethan Hawke per il ruolo del pastore protestante?
«Perché ha l'età giusta e la sua aria da ragazzo carino sta iniziando a lasciar spazio ad altro. E poi è una persona vivace, lui stesso ha un legame molto forte con la religione ed è brillante: è uno scrittore, un produttore, un regista, un musicista, un attore».

Il film ha avuto ottime recensioni e in molti si sono augurati di vederla agli Oscar. Che ne pensa?
«Che sono importanti da un punto di vista economico, non per altri motivi. Se non sei sicuro di aver fatto un buon film, non sarà un Oscar a convincerti. So che ci sono molti membri dell'Academy che vedono pochi film ma votano lo stesso. Io invece ho smesso di votare anni fa perché non mi importava più. Ho smesso di guardare la cerimonia perché la trovavo noiosa e ho smesso di interessarmi persino ai vincitori».

Lei faceva questo film mentre Scorsese faceva Silence, vi siete confrontati?
«Non ci ho parlato ma avrei voluto che parlasse con me prima di fare Silence. Si parla di questo progetto da oltre vent'anni, capisco cosa significasse per lui fare un film così».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 15 Ottobre 2018, 09:15
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