Renato Pozzetto, a 80 anni protagonista in ruolo drammatico per Pupi Avati: «Il film mi ha commosso. Il mondo cambia, Milano no»

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di Michela Greco

Ottanta anni - compiuti a luglio scorso, nell’anno della pandemia - densi di film comici, di canzoni e cabaret in cui ha infuso il suo umorismo surreale, spesso con la complicità di Cochi Ponzoni. E ora Renato Pozzetto commuove tutti con la sua virata drammatica, romanticissima, in Lei mi parla ancora di Pupi Avati, in cui mette in scena il dolore di un uomo appena rimasto vedovo dopo una storia d’amore lunghissima, anzi immortale. 


Liberamente tratto dal libro omonimo di Giuseppe Sgarbi, papà di Vittorio ed Elisabetta, il film compie un viaggio sentimentale tra il passato dei ricordi, in cui a interpretare gli innamoratissimi Nino e Caterina sono Lino Musella e Isabella Ragonese, e il presente di un amore che resiste persino alla morte, filtrato negli occhi tristi di Renato Pozzetto, nell’addio di Caterina/Stefania Sandrelli e nelle parole dell’editor Fabrizio Gifuni, che deve trasformare la loro storia in letteratura. Stasera in prima assoluta su Sky Cinema alle 21.15 e in streaming su Now Tv, Lei mi parla ancora ha riportato davanti alla macchina da presa Pozzetto, impaziente di veder riaprire i teatri per tornare a far spettacolo. “Hanno chiesto a me e Cochi di interessarci del Teatro Lirico, di dare una mano – dice – noi siamo qua”.


Pozzetto, che esperienza è stata questo set? L’ha riportata al ricordo di sua moglie, che se n’è andata anni fa?
«No, tutti hanno una vita privata, ma è il nostro mestiere che ci porta a vivere certe emozioni. Non è che chi fa Guerre stellari deve andare a vivere sulla luna. Non è che penso sempre a mia moglie, altrimenti sto a casa e non faccio film».


Come è andata con Pupi Avati?
«Mi ha fatto avere la sceneggiatura e dopo cinque minuti di lettura mi sono commosso, ho provato sensazioni forti. Quando poi è venuto da me a Milano gli ho confessato che mi sentivo con la coscienza a posto per interpretare onestamente questo ruolo».


Questo è anche un film sulla nostalgia. Lei di cosa ha nostalgia?
«Non ho nessuna nostalgia...

Anzi sì, ho nostalgia di certi momenti con i bambini e con mia moglie, quando andavamo a fare le vacanze alla Maddalena, io preparavo la barca, stavamo in mezzo al mare con i nipoti, con mio fratello. Poi la vita cambia... ma ci sono cose che vivo volentieri anche adesso, a parte questo momento speciale in cui tanta gente soffre per via della pandemia».


Lei come sta vivendo questo periodo difficile?
«Ho vissuto il lockdown a Milano, perché mia figlia abita nel mio stesso palazzo con i bambini, così ho avuto la possibilità di sentirli vicini».


Che effetto le ha fatto vedere Milano così diversa?
«Non l’ho vista per niente perché sono stato chiuso in casa! Uscivo solo per comprare il giornale, andare in farmacia, fare la spesa».


Covid a parte, come ha visto cambiare la città in questi anni?
«Mah, il tempo passa, cambia l’età, cambiano gli interessi, è la storia della vita. Non è Milano che cambia, è il mondo che cambia. Ora i bambini passano tanto tempo al cellulare...»


Un altro mondo, rispetto a quando ha iniziato a far spettacolo.
«Quando siamo comparsi io e Cochi facevamo il cabaret, andavamo a cantare all’osteria con gli amici. Poi la gente ha iniziato a seguirci e ha scoperto un nuovo mondo. I nostri amici arrivavano quasi tutti dalla rivista, noi invece siamo sbucati dalle cantine, un po’ impolverati, proponendo le nostre canzoni e un po’ di surrealismo».


Che ruolo ha il cinema nella sua vita quotidiana?
«È sempre stato presente ma come lavoro, perché mi piace farlo. Non sono mai stato però uno spettatore assiduo, non vado mai al cinema. Mia moglie sì, lei ci andava sempre, anche due volte al giorno, ma se io ero a Milano stavamo insieme».


La rivedremo presto con Cochi, magari proprio al cinema?
«Noi lavoriamo e continuiamo a fare con soddisfazione il nostro mestiere... Purtroppo ci mancano i grandi amici del passato, ma questa è un’altra storia».
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 8 Febbraio 2021, 08:27
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