Tarantino a Cannes: «Sì, amo la violenza nei miei film, ma non farei mai morire un animale»

Il regista americano protagonista tra ricordi e riflessioni

Tarantino a Cannes: «Sì, amo la violenza nei miei film, ma non farei mai morire un animale»

di Alessandra De Tommasi
Il pubblico del Festival di Cannes lo ha atteso più a lungo di Leonardo DiCaprio: per guadagnarsi un posto nell’incontro con Quentin Tarantino i fan si sono appostati per 9 ore, seduti sull’asfalto di fronte al cinema dalle 6 di mattina. L’aspetto più bizzarro? Il regista ha scelto di far vedere loro un film a sorpresa (ma non tra i suoi: ha scelto Rolling Thunder del 1977 proiettato con pellicola 35mm). Il tutto è durato un intero pomeriggio di adorazione, ripagato da Tarantino con molti fu*k e un’apologia della violenza su grande schermo.
«Non è reale, siamo bambini e stiamo giocando con il sangue finto e ci divertiamo, purché venga fatto bene. Comunque mi prendo sempre la responsabilità dei miei lavori, conosco le conseguenze e le abbraccio volentieri. Ho un unico limite: non metterò mai in un copione la morte di un animale, per me è troppo». Il cineasta ha parlato del suo libro Cinema Speculation (La nave di Teseo) ripercorrendo la storia del grande schermo con il filtro del suo gusto personale: «Non sono mai andato dietro alla ragazza più popolare del liceo, ecco perché mi sono innamorato di Brian De Palma, che veniva bistrattato. Di base mi piaceva litigare negli anni 80 e avevo trovato la giusta causa: difenderlo a ogni costo. Penso comunque che sia uno dei più grandi filmmaker di commedie: nessuno come lui sa mettere la satira nei thriller».
Tra gli aspetti di Hollywood che non gli vanno a genio, spicca la cancel culture, che cerca di rendere tutto politicamente corretto: «Io ne parlo da prima che fosse di pubblico dominio. Prendiamo Taxi Driver: gli hanno imposto un personaggio bianco da far morire alla fine perché i produttori temevano che le persone di colore avrebbero altrimenti messo le sale a fuoco e fiamme. Io a questa scusa non credo: erano semplicemente a disagio con la situazione e se la sono cavata così. Scorsese è l’ultimo da incolpare. E comunque oggi non immaginerei nessun altro nel ruolo di Sport se non Harvey Keitel».
Ha la bocca cucita, invece, sul suo decimo lungometraggio, The movie critic, in uscita nel 2024 che, a quanto dichiarato, sarà anche il suo ultimo lavoro. A chi gli chiede infine se si sia ammorbidito con la paternità risponde che sì, si emoziona più facilmente ma continua a fare il tifo per i revenge movie: «I musical e le commedie li lascio agli altri. A me piace la violenza e me ne frego delle critiche».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 26 Maggio 2023, 06:15
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