Omicidio Pasolini, il regista De Camillis: «La sinistra di oggi lo ha abbandonato»

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di James Perugia
«Ci sono stati interessi di Stato più importanti che portare avanti il tema Pasolini». A parlare è il regista Enzo De Camillis, autore del film “Un intellettuale in borgata” e tra i promotori della petizione per riaprire l’inchiesta sull’omicidio di Pasolini
La raccolta di firme è stata presentata nel 2016 all’allora presidente della Camera Laura Boldrini. A consegnarla c’era lo stesso De Camillis. Si chiedeva l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sulla morte del poeta. Aderirono oltre diecimila persone. Dopo quasi tre anni e alcune false partenze, niente è cambiato: la petizione è un binario morto. Il 2 novembre sarà il quarantatreesimo anniversario dalla morte dell’intellettuale. Chi lo uccise veramente e quale fu il movente restano ancora un mistero tutto italiano. 

De Camillis, che fine ha fatto quella petizione?
«I pensieri politici di oggi hanno interessi totalmente diversi dalla riapertura del caso».
Che ruolo ha avuto la sinistra in tutto questo?
«Nessuno, l’unico ruolo è stato quello di restare a guardare. Non ha preso posizione, non si è schierata né da una parte né dall’altra».
Lei crede che con l’articolo “Io so ma non ho le prove”, sulle stragi degli anni Sessanta e Settanta, Pasolini firmò la sua condanna a morte?
«Credo di sì».
Si spieghi meglio.
«Poteri nazionali e internazionali. Lui lo diceva chiaramente: quando avremo la possibilità di raccontare, con il permesso degli americani, quello che è successo, senz’altro avremo un colpo di Stato».
In che senso?
«Pasolini diceva che quando i politici che al tempo erano all’opposizione si sarebbero ritrovati al potere, allora avremmo avuto un colpo di Stato. E forse c’è già stato...» 
Non fu la sua unica “profezia”.
«C’è una poesia che scrisse nel ‘64, che ho rappresentato nel film “Un intellettuale in borgata”. La poesia si chiama “Alì dagli occhi azzurri”, e racconta lo sbarco degli africani in Calabria. Noi ce l’abbiamo avuta a Lampedusa, ma non penso che cambi molto. Pasolini, cinquant’anni fa, scriveva di un fenomeno che noi stiamo vivendo oggi».
Perché secondo lei non si riesce ad arrivare alla verità? 
«Perché non ne abbiamo il coraggio».
E ora che succederà?
«Spero che ci decideremo rompere l’ingranaggio dell’omertà politica. Una situazione che non riguarda solo il caso Pasolini, ma anche il caso Mauro De Mauro, il caso Mattei. Significherebbe rompere il silenzio in un periodo storico in cui abbiamo ancora l’eco... del silenzio...» 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 29 Ottobre 2018, 11:29
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