Paolo Sorrentino a Venezia con È stata la Mano di Dio: «Svelo la mia famiglia e la Napoli dei tempi di Maradona»

Paolo Sorrentino a Venezia con È stata la Mano di Dio: «Svelo la mia famiglia e la Napoli dei tempi di Maradona»

di Alessandra De Tommasi

Un piccolo grande capolavoro intimista: È stata la mano di Dio (dal 24 novembre al cinema e dal 15 dicembre su Netflix), in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia dove ieriè stato accolto con 9 minuti di applausi, svela un Paolo Sorrentino inedito. Stavolta il regista Premio Oscar apre lo scrigno dei ricordi più dolorosi, rivivendo il trauma della morte di entrambi i genitori (a Toni Servillo affida il ruolo del padre), in un incidente avvenuto quando era ancora adolescente. Pochi, pochissimi virtuosismi stilistici, musica quasi assente e tante emozioni contrastanti: si tratta, come ha detto in un incontro ristretto sul prato dell'Hotel Excelsior al Lido, di una desertificazione sentimentale. Il film inizia con sua zia (Luisa Ranieri) che vede San Gennaro.


Com'è nata l'idea?

«Nella mia famiglia c'era sempre qualcuno che giurava di averlo visto o di essere entrato in contatto con i fantasmi. L'idea stessa che Diego Armando Maradona cambia la vita di Napoli negli Anni Ottanta, epoca in cui è ambientata la vicenda, ha qualcosa di mistico. Si avvicina al religioso. Non è sceso da un aereo, è apparso in una grotta nera e sotterranea dello Stadio San Paolo. Muore e risorge, quindi le analogie con le figure mistiche».


Lo ha davvero incrociato per strada?

«Certo, era su una Bmw che è passata all'angolo tra via Piave e Corso Europa e io mi trovavo lì».


Da quanto tempo custodisce questo copione?


«Stufo di parlare di papi e cardinali, l'ho scritto di getto, ma non pensavo di farne un film, un giorno lo avrei fatto leggere ai miei figli per giustificare alcuni miei difetti».


C'è qualcosa di Napoli che ancora la sorprende?


«Sempre: quando cammini per la città e come se facessi un safari a piedi, senza il conforto della jeep che ti porta in salvo.

Vedi di tutto in giro, dai leoni agli agnelli. Tutti hanno la presunzione di sapere quale sia la vera Napoli, io no, racconto la versione dei miei ricordi».


Rivivere quel lutto è stato catartico?

«Non penso che un film sia sufficiente a liberarti di cose che ti segnano nella vita. Anche se la mia famiglia mi ha tenuto a galla e mi ha reso anche felice, ho deciso di lasciare andare questa storia nella speranza di liberarmi di questo monologo interiore che va avanti da 30 anni come un blocco».


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Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Settembre 2021, 08:36
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