Genovese, nell'ultimo film il tema del suicidio: «Parlarne è il primo passo. Ecco cosa direi a chi vuole farlo»

L'intervista al regista romano nei cinema con 'Il primo giorno della mia vita'

Genovese, nell'ultimo film il tema del suicidio: «Parlarne è il primo passo. Ecco cosa direi a chi vuole farlo»

di Valerio Di Marco

Con “Il primo giorno della mia vita”, il suo nuovo film uscito al cinema il 26 gennaio, Paolo Genovese si cimenta con un tema difficile come quello del suicidio e delle ragioni che possono spingere le persone a una scelta del genere. Parliamo dell'argomento, e in generale della pellicola ancora in programmazione nelle sale, con lo stesso regista e sceneggiatore romano.

Paolo Genovese: «Il primo giorno della mia vita? Una nuova chance per salvare chi vuole uccidersi»

Genovese, la sua ultima opera è molto cupa. Come le è venuta l'ispirazione per il film?

«In verità è un film relativamente cupo. Pensi che il primo titolo che avevo scelto era “Felicità”, perché si parte da una situazione difficile, in cui i quattro protagonisti pensano di aver toccato il fondo, ma poi la storia si rivela come la ricerca della felicità, del bello della vita per poter andare avanti, con i personaggi che cercano in qualche modo di rialzarsi. L'ispirazione è venuta da un documentario in cui si intervistavano alcune persone che avevano tentato il suicidio e si erano salvate. La cosa che più mi colpì fu che la maggior parte di loro si era pentita. Avevano in comune di essere saltate giù da un ponte e nei secondi in cui stavano in aria avevano sentito un profondo pentimento. Quando tutto sembra finito, può esserci motivo per tornare indietro».
 

Ha influito anche la pandemia sul mood della pellicola?

«Il film è stato scritto cinque anni fa, ben prima della pandemia, però sono contento che sia uscito adesso perché si lega in maniera più stretta al nostro momento e può essere molto più vicino a tante persone che in quest'ultimo periodo si sono confrontate con il dover ripartire».
 

Pensa che sulla decisione di “farla finita” influiscano solo fattori psicologici o anche sociali?

«L'aspetto sociale conta tantissimo. I malesseri di questi quattro personaggi sono legati alla società. C'è un bambino che non ce la fa più e riflette le angosce degli adolescenti che arrivano anche dal bombardamento multimediale, del web, verso il quale non sono attrezzati per reagire. Anche la ginnasta che non riesce a vincere affronta il tema della competizione, che socialmente è molto forte e a volte ci fa sentire inadeguati. Mentre il personaggio di Valerio Mastandrea soffre di depressione, uno stato su cui il contesto sociale influisce moltissimo».
 

Di rado il cinema italiano si è cimentato con il tema del suicidio. Come mai, secondo lei?

«Perché è un tabù, sia sociale che religioso. Invece devo dire che facendo questo film e incontrando il pubblico ho sentito che c'è voglia di parlare di quella condizione estrema che ci porta nel buio. Bisognerebbe parlarne, perché tirare fuori ciò che si ha dentro è il primo passo per reagire».
 

Lei cosa direbbe a una persona che sta per suicidarsi?

«Nessuno può prevedere cosa può dire, quello che direi è ciò che ho messo nel film. Certo, la pratica è molto più difficile della teoria, non c'è un manuale pronto all'uso. Dipende dalla sensibilità del momento, bisognerebbe capire il contesto».
 

Da narratore, si può ridere della morte o è un tema da affrontare solo in modo serio?

«Si può sdrammatizzare qualunque tema e ridere rispettosamente di tutto. Tantissime commedie hanno avuto al centro la morte».
 

Nel film si colgono molti riferimenti, da Frank Capra a Wim Wenders fino a Dario Argento.

«Chi fa il mio lavoro è invaso da migliaia di immagini, non ce un riferimento in particolare. Non essendo il suicidio un tema molto trattato, poi, gli unici agganci sono lontanissimi nel tempo e l'approccio alla questione te lo devi inventare quasi da zero. Rispetto al film di Capra, per esempio, il mio film è esattamente speculare: lì un angelo faceva vedere a un uomo cosa sarebbe successo se non fosse mai nato, qui invece si guarda al futuro e a cosa succederà se la persona si toglie la vita».
 

Era la prima volta che lavorava con Toni Servillo. Com'è andata?

«E stato un incontro piacevolissimo. Lui è un attore meraviglioso che si mette al servizio della storia ed è di una generosità estrema.
 

Come colloca Valerio Mastandrea nel pantheon dei grandi attori italiani?

«Ha una comicità molto personale e originale, un modo molto curioso di interpretare la commedia. Un attore che riesce a far ridere moltissimo non ridendo mai in scena. Pur interpretando seriamente i personaggi, riesce a dargli un'ironia graffiante e profonda. Per esempio, in “Perfetti sconosciuti” le parti più comiche erano le sue. Il suo personaggio in realtà viveva un dramma, ma dalla serietà nasceva, per contrasto, l'umorismo. Mi piace il suo modo minimalista, è un attore molto raffinato e delicato».
 

Secondo lei, il cinema italiano degli ultimi decenni ha perso la componente popolare rispetto al passato?

«Il periodo attuale è molto diverso, sia socialmente che culturalmente. La società è cambiata, e quindi anche il modo di raccontarla. Però non trovo si sia persa quella comicità popolare, ci sono ancora moltissimi autori in grado di raccontarla e sdrammatizzarla in modo comico, penso a Virzì e Salvatores, per dire. Poi essere popolari o borghesi dipende dal tipo di storia, possiamo trovare drammaticità e comicità in tutte le classi sociali».
 

Lei attualmente è impegnato con la versione teatrale di “Perfetti sconosciuti”. Realizzerà anche un sequel cinematografico del film?

«No, perché bisogna avere rispetto per il pubblico.

I sequel in genere sono fatti perché il primo film è piaciuto, ma uno deve capire se ha ancora qualcosa da dire su quel tema, altrimenti il prosieguo diventa solo un'operazione commerciale. Su “Perfetti sconosciuti” ho detto tutto, quindi farne un seguito significherebbe solo cavalcare l'onda. Al teatro invece la messa in scena dal vivo, con gli attori realmente presenti, ha qualcosa in più da dare al pubblico».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 20 Febbraio 2023, 09:08
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