Nicole Kidman regina di Cannes: "La mia riscossa? Mi sento ancora una 21enne"

Nicole Kidman regina di Cannes: "La mia riscossa? Mi sento ancora una 21enne"

di Michela Greco
CANNES – Cinquanta anni, oltre 70 film girati, la serie Big Little Lies che raccoglie consensi e ben 3 film per il cinema e una serie tv per i quali sale la Montée des Marches in questa settantesima edizione del Festival di Cannes. I numeri di Nicole Kidman parlano di una stella del cinema la cui luce ha ripreso decisamente a brillare, divisa tra lavoro e famiglia, tra grande e piccolo schermo, ma con lo stesso entusiasmo degli esordi. «Cerco di comportarmi sempre come se avessi ancora 21 anni e fossi all’inizio della mia carriera – ha detto ieri - Continuo ad avere, dopo tanti film, un’incredibile passione per questo lavoro e per la recitazione».

Domenica sulla Croisette rappresentava How to Talk to Girls at Parties di John Cameron Mitchell, che arriverà nelle sale italiane in autunno: per l’adattamento del racconto di Neil Gaiman, Kidman si è trasformata in un’aliena rock-punk e ha recitato al fianco di Elle Fanning. Ieri invece era tra i protagonisti dell’atteso film in concorso The Killing of a Sacred Deer del regista greco Yorgos Lanthimos, mentre domani e dopodomani gli spettatori della Croisette la vedranno cambiare ancora pelle, prima come protagonista della serie Top of the Lake, firmata da Jane Campion, e poi di The Beguiled, per la regia di Sofia Coppola. «È vero, sono molti film, ma è solo un caso che siano qui tutti insieme – ha detto – Probabilmente è il risultato del mio sforzo di restare aperta alle possibilità, di essere pronta ad accogliere nuove sfide. Mi piace cercare di superare i miei limiti. Ho i miei principi e li rispetto, ho chiaro in mente ciò che voglio fare come attrice, ma quando decido di girare un film sono pronta ad accettarne i rischi. Ho cambiato il mio modo di relazionarmi al lavoro, ho meno ansia di controllo e più voglia di lasciarmi andare».

Sicuramente lo ha fatto nel caso di The Killing of a Sacred Deer, un’opera disturbante in cui incarna una donna borghese, stimata oftalmologa sposata al chirurgo Steven (Colin Farrell) con cui condivide due figli. La loro casa è lo spazio asettico in cui confrontano i loro acquisti, comunicano freddamente e mettono in atto incontri sessuali dai risvolti macabri: un equilibrio dal sottofondo inquietante in cui irrompe un ragazzino che ha perso il padre sotto i ferri chirurgici di Steven. Accolto in questo strano focolare domestico in nome dei sensi di colpa, il ragazzo si rivelerà una minaccia potentissima.
«La sceneggiatura mi ha ipnotizzata e Yorgos ha un modo particolare di creare le scene e guidarti sul set - ha raccontato l’attrice - Mi sono messa al servizio di questa storia che esplora la condizione umana quando ha a che fare con la colpa e il sacrificio». I suoi figli, però, non la vedranno: «In generale non vedono i film che faccio. Ci tengo a tenere separate vita familiare e professionale».
Ultimo aggiornamento: Martedì 11 Giugno 2019, 15:31
© RIPRODUZIONE RISERVATA