Keaton: con The Founder vi racconto il sogno americano chiamato McDonald's

Keaton: con The Founder vi racconto il sogno americano chiamato McDonald's

di Gloria Satta
Storia di un sogno americano. Parabola sul capitalismo made in Usa. Ritratto degli anni del boom, quando il consumismo sfrenato tentava di archiviare i danni della guerra. E, soprattutto, grande interpretazione di Michael Keaton che, battuto nel 2015 da Eddie Redmayne, aspira ora ardentemente all’Oscar. Tutto questo è The Founder, il film diretto da John Lee Hancock (Saving Mr. Banks) e in arrivo nelle sale il 12 gennaio con Videa dopo la presentazione in anteprima al festival ”Capri, Hollywood” dove il premio destinato al miglior attore è stato assegnato al protagonista.

The Founder racconta l’incredibile ascesa di Ray Kroc, modesto piazzista di frullatori dell’Illinois che, negli anni ’60, rilevò dai fratelli McDonald un modesto chiosco di hamburger e, soppiantando i titolari, creò la catena di fast food più famosa e redditizia del mondo, attualmente rappresentata da 36mila locali disseminati nell’intero pianeta. Keaton interpreta con grinta, ambizione visionaria e spregiudicatezza l’uomo che applicò alla ristorazione il sistema della catena di montaggio. Cambiando così le abitudini, la mentalità, la storia stessa dell’America mentre la M luminosa dei McDonald’s diventava un’icona pop proprio come la bottiglia della Coca Cola e il barattolo di minestra Campbell.
Molti premi vinti e molte trasformazioni affrontate, 65 anni, stempiato ma sempre affascinante, una carriera eclettica sempre continua all’Oscar e capace di spaziare da Batman a Birdman passando per Spotlight, Keaton racconta la sua nuova sfida.

Cosa l’ha spinta a interpretare il film?
«La prima volta che ho sentito parlare di questo progetto e ho cominciato a leggere la sceneggiatura, mi sono detto: caspita, non so nulla di Ray Kroc. E mi sono chiesto perché mai nessuno avesse pensato di raccontare questa storia. Davvero strano, perché è un classico esempio del capitalismo americano. E tutti, fin dall’infanzia, hanno avuto un rapporto con McDonald’s».

L’hamburger non perdona?
«Non è solo questione di cibo. McDonald’s ha rappresentato il più grande mutamento della storia nella cultura popolare dei fast-food. È il luogo dove, in America, è cambiato tutto».

Qual è l’aspetto di questa vicenda che l’ha sorpresa maggiormente?
«È una storia che riguarda il sistema della libera impresa. E introduce, per la prima volta, il concetto di brand globale. Kroc è stato un precursore, e per questo motivo mi è sembrato un personaggio affascinante».

È stato un ”lupo nel pollaio”, come nel film lo descrivono i fratelli McDonald estromessi dal business, o un grande imprenditore che vedeva più lontano degli altri?
«Entrambe le cose, penso. Mio figlio mi ha fatto notare un parallelo tra Kroc e Zuckerberg: proprio come il creatore di Facebook, anche il fondatore dell’impero McDonald’s ha preso l’idea di altre due persone e l’ha fatta esplodere su larga scala».

Come spiega il fatto che, malgrado la sua spregiudicatezza, questo personaggio cattura la simpatia del pubblico?
«La gente gli riconosce un grande coraggio. Capisce che si è sudato il successo perché voleva costruire qualcosa d’importante, aveva una visione. Non ha avuto paura di nulla e non si è mai tirato indietro. Per questo lo ammiro molto. Poi si è trasformato, è diventato un altro tipo di persona che non ammiro affatto. Ho cercato di essere onesto raccontando entrambe le facce dell’uomo».

Dopo Birdman, il film grazie al quale ha sfiorato l’Oscar nella parte di un attore in crisi, si era lamentato di non trovare ruoli interessanti. È cambiato qualcosa?
«Ancora non vedo in giro molte opportunità interessanti. Se gira la domanda ad altri attori, le risponderanno la stessa cosa».

Allora perché ha girato di recente American Assassin, diretto da Michael Cuesta?
«Il film, che ha per protagonista un agente dell’antiterrorismo, non è che sia così affascinante. Ma mi sono detto che valeva la pena farlo perché non avevo mai interpretato sullo schermo un personaggio simile».

Una curiosità, Keaton: che rapporto ha con il cibo?
«Sono una buona forchetta, ma amo mangiare sano. Cosa che per la media delle persone ha sempre rappresentato un lusso troppo caro. Ma piano piano i prezzi si sono abbassati, e più velocemente di quello che mi aspettassi».

C’è qualcuno, dei suoi personaggi, che le è rimasto dentro?
«Non direi. Prima ancora che un attore, sono un essere umano. E non tutto quello che faccio ha il cinema come riferimento. Gli attori devono saper tenere a bada il loro ego, che è sempre smisurato».

 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 4 Gennaio 2017, 17:03
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