Kim Rossi Stuart debutta come scrittore: «La popolarità? Solo una grande illusione»
di Paolo Travisi
Perché un libro di racconti?
«Ho sempre scritto per il cinema, ora mi ha sedotto il piacere di scrivere con meno vincoli. Essere padrone del risultato senza dipendere da tutte quelle figure intermediarie del cinema, mi ha soddisfatto».
Il titolo a cosa si riferisce?
«I cinque racconti hanno in comune il tema della guarigione, il desiderio di perfezione, il bisogno di sentirsi immacolati, performanti, coerenti. Mi domando se la vita non sia altro che un processo di guarigione».
Ha cercato ispirazione anche nella sua esperienza di padre?
«Oggi i padri sono spesso incapaci di dare regole ai figli. Da genitore cerco di misurare rigore e dolcezza, perché è fondamentale far sentire ai figli che a muoverci è sempre l'amore, anche quando si dà uno scappellotto».
Dal libro può nascere la sua prossima regia?
«Il racconto Il maniaco inesistente è il soggetto del mio secondo film come regista, Tommaso, rivisitato in forma letteraria. Posso ipotizzare che un altro racconto possa dar vita al prossimo film».
La popolarità è un dono o un peso?
«Chi fa il mio mestiere non può prescindere dal bisogno di essere popolare. Tutto sta però nel cosa sei disposto a rinnegare della tua identità più profonda in nome dell'effimero. Ma chi s'identifica col personaggio che gli altri vedono in lui, vive una plateale illusione».
Lei ha recitato lasciando spazio temporale tra i film. Oggi gli attori fanno anche più film all'anno.
«Strategie. Io faccio una fatica sovrumana a lavorare quando non mi sento partecipe. Detto ciò se devo dare da mangiare alla mia famiglia sono automaticamente partecipe».
Lei non è su Instagram. Dei social cosa ne pensa?
«Follia pura».
Quest'anno compirà 50 anni. Per lei è tempo di bilanci?
«Due somme ogni tanto le tiro. Sempre per capire qual è la direzione, altrimenti si va allo sbando».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 5 Febbraio 2019, 09:28
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