Jamie Foxx: «Razzismo, ingiustizie: con Just mercy affronto temi che mi stanno a cuore»

Jamie Foxx: «Razzismo, ingiustizie: con Just mercy affronto temi che mi stanno a cuore»

di Alessandra De Tommasi
Lo aspetta l’iniezione letale o la sedia elettrica e, anche se innocente, ormai Walter McMillian si è rassegnato. Il Premio Oscar Jamie Foxx ha scoperto questa storia vera, tratta dal libro "Just mercy" dell’avvocato Bryan Stevenson, e ha voluto metterla in scena a tutti i costi nel dramma carcerario "Il diritto di opporsi", presentato in anteprima al Toronto Film Festival e attualmente nelle sale italiane. Il 52nne texano ha un’agenda pienissima e sette progetti in cantiere, ma trova sempre il tempo per ruoli che fanno la differenza.

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Pensa di esserci riuscito?
«Sul set piangevamo tutti, dagli omaccioni dietro le quinte a me. Un giorno Michael B. Jordan (che interpreta il mio avvocato) è arrivato sul set con quarantacinque minuti di sonno - per via di un altro lavoro - e un rush cutaneo da stress sul collo. E nonostante questo ha gettato l’aula del tribunale in un pianto disperato, dopo il discorso sulla libertà».
Il tema le sta particolarmente a cuore.
«Come il razzismo e le ingiustizie. La cultura per cui se sei di colore finisci quasi sicuramente in galera ormai sembra quasi scontata, ecco perché mio padre, che per 25 anni ha fatto da mentore a bambini e ragazzi, portava i giudici in classe per parlarne». 
Com’è nata la passione per questo lavoro?
«Da piccolo vedevo con i nonni il Tonight Show di Johnny Carson e l’indomani spacciavo le battute per mie. I compagni a quell’ora erano già a letto li fregavo facilmente. Alla fine la maestra di terza elementare si è arresa e mi ha dato cinque minuti ogni venerdì per esibirmi, se mi fossi comportato bene».
Le imitazioni le sono state utili?
«Quando mi sono trasferito a Los Angeles ho continuato, ad esempio imitando Mike Tyson, mi esibivo con il gruppo di Jim Carrey che mi ha insegnato la disciplina: lui sì che prendeva sul serio i tempi comici».
L’Oscar per Ray è anche merito della sua abilità come musicista?
«Lo spero, anche se nessuno pensava sapessi suonare sul serio. Esibirmi per mister Charles in studio di registrazione è stato un momento epico».
Un regista che l’ha sorpresa?
«Quentin Tarantino, per cui ho fatto carte false pur di ottenere un provino per Django Unchained. Quando l’ho incontrato non solo sapevo la parte a memoria, ma gli ho detto che avevo un cavallo tutto mio, il che lo ha colpito. Per la cronaca, è una puledra che ho ancora e a cui poi abbiamo dipinto le zampe di bianco perché assomigliasse alla controfigura che abbiamo poi usato. Lui è un tipo che gira il finale, e brucia una villa intera per farlo, poi ci ripensa, ti manda a casa e lo riscrive di notte per farne un altro il giorno dopo di tutt’altro tipo».


 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 Febbraio 2020, 08:37
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