"Io c'è", Giuseppe Battiston e Alessandro Aronadio a Leggo: "Abbiamo creato una religione comoda che dice 'no' al tofu"

Video

di Emiliana Costa
ROMA - “Più che dalle vittorie, sono affascinato dal cammino. Guardo al mio lavoro con una responsabilità politica, non di parte ma politica”. Parola di Giuseppe Battiston, l’attore friulano nelle sale con “Io c’è”, l’ultimo film di Alessandro Aronadio. “Sullo schermo  - racconta Battiston che, con il regista, è stato ospite a Leggo in veste di direttore per un giorno - sono un artista frustrato che scrive libri che non legge nessuno. Vengo assoldato da due fratelli, interpretati da Edoardo Leo e Margherita Buy, che vogliono convertire un bed & breakfast in disgrazia in luogo di culto per evadere il fisco. E io sarò il ‘teologo’ del nuovo credo, lo Ionismo”.

Nella commedia di Aronadio, la religione dunque si fa business, con risvolti inaspettati. “Lo Ionismo – spiega il regista - è una religione comoda, sei tu il dio e il dio parla attraverso il tuo istinto. Un pensiero a suo modo rivoluzionario, che può avere sviluppi pericolosi, ma anche liberatori”. Non è tutto. Sullo schermo il bizzarro culto viene codificato nei minimi dettagli. “Abbiamo creato una fede nuova di zecca– prosegue Battiston – facendo il best of di tutte le religioni. Abbiamo rinunciato all’abito talare, ma sulle regole alimentari siamo stati intransigenti, niente tofu”.



In “Io c’è” l’attore torna in scena con Edoardo Leo, con cui aveva recitato nel film cult “Perfetti sconosciuti”. “Quello è stato un set difficilissimo – scherza – c’erano dei personaggi squinternati che facevano un caos incredibile e sono perfino miei amici. Eravamo odiati da tutti i condomini del palazzo in cui abbiamo girato. Io ho pure litigato con una ‘vecchia’ in ascensore. Mi ha chiesto ‘Ma quando ve ne andate? Non ne posso più’ e io le ho risposto ‘Sapesse io’”.
Non solo cinema però. Battiston parla anche della sua grande passione, il teatro. “E’ un territorio vivo. Mi piacerebbe che le cose che faccio piacessero a chi non la pensa come me”. Ma c’è qualcosa che quando è in palcoscenico proprio non gli va già. “Vivo come ferite mortali gli atti di maleducazione del pubblico. Chi telefona o scatta foto. Mi piacerebbe che per quell’ora si impegnassero come mi impegno io. Una volta  - continua ironico - ero spettatore e ho visto un ragazzo telefonare durante lo spettacolo. Gli sono arrivato alle spalle e gli ho detto ‘Spegni subito, che sennò mi cala la democrazia e facciamo i conti’. Il teatro – conclude – non serve a niente se non gli credi. Cosa c’è altrimenti di più finto?”.
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Aprile 2018, 10:22
© RIPRODUZIONE RISERVATA