Valeria Golino: «La mia Euforia nasce dal dolore»

Valeria Golino: «La mia Euforia nasce dal dolore»

di Michela Greco
«Credo che sia inevitabile per un regista essere autobiografico ma nel mio caso l’aspetto personale non è evidente a prima vista». Valeria Golino parla così di Euforia, il secondo film che ha diretto dopo Miele e che – dopo la partecipazione al Certain Regard di Cannes - sarà al cinema il 25 ottobre. Cinque anni dopo aver raccontato la storia di una ragazza che accompagnava alla dolce morte, l’attrice-regista ci porta nel territorio della malattia attraverso i fratelli Matteo (Riccardo Scamarcio) ed Ettore (Valerio Mastandrea): il primo è un imprenditore di successo che si stordisce di sesso e cocaina, il secondo un insegnante che sembra avere più paura di vivere che di morire. Quando Matteo scopre che Ettore è malato, decide di nascondergli la verità e di prendersene cura… a suo modo.
Come ha scelto la storia?
«È difficile raccontare questo momento storico, perciò ho cercato qualcosa che trascendesse i fatti per riflettere su domande per le quali non ho risposte. Non scelgo una storia in base alla sua bellezza, ma se combacia con un mio bisogno».
Perché trova difficile raccontare questo momento storico? Come lo vive?
«Sono preoccupata e mi sento ottusa, costernata. Prima avevo delle idee, mi appoggiavo a un’ideologia che forse era quella dei miei genitori, o magari ero contro qualcosa, ora mi sento solo un’inetta. Non capisco più».
Con il passare del tempo la spaventa di più o di meno l’idea della morte?
«Mi piacerebbe dire di meno perché sono diventata più saggia, ma la verità è che mi spaventa di più. Ho più paura non tanto della morte quanto del dolore, della malattia, dello sgretolamento del corpo, della mancanza di dignità, della dipendenza, della solitudine. Ma tutto ciò non mi impedisce di vivere, non faccio diventare queste paure il mio ostacolo, ma il mio veicolo».
Ettore e Matteo mettono in atto due diverse strategia di sopravvivenza… Lei quale capisce meglio?
«Nella mia vita sono stata nella posizione di Matteo. Per fortuna non sono ancora stata in quella di Ettore, ma ho visto persone care esserlo. Forse lo sarò, dipenderà dalle circostanze...»
Sta già elaborando il terzo film da regista?
«Molto disordinatamente, per ora, ma inizierò a lavorare con la mia sceneggiatrice a gennaio. Metteremo le idee in un fagotto e una storia verrà a incontrarle».
Nel frattempo sta lavorando molto come attrice…
«Farò una partecipazione nel nuovo, bellissimo film di Céline Sciamma e ho girato Cinque è il numero perfetto di Igort, che mi aveva offerto il film 15 anni fa. Sia io che Toni Servillo avevamo già accettato il film all’epoca, ma Toni è arrivato all’età giusta per la storia, io invece sono la pupa del gangster, che poteva andar bene quando avevo 35 anni, ma ora a 50… è stato assurdo!».
Ed è tornata sul set con Salvatores per “Se ti abbraccio non aver paura”.
«Gabriele mi conosce da quando ho 25 anni, mi fa sentire protetta. Fa un tipo di cinema che non è il mio, ma in cui sguazzo. Ci sono Diego Abatantuono, con cui non lavoravo dai tempi di Puerto Escondido, e Claudio Santamaria. Dopo aver fatto la mamma di un supereroe, qui sono la mamma di un ragazzino autistico, che ha anche lui superpoteri, a modo suo».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Ottobre 2018, 12:58
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