Gabriele Muccino: «A 18 anni ho rischiato di morire. Mio fratello Silvio? Non voglio più vederlo»

Il regista: «Ho vissuto un lutto, il cinema mi ha dato la possibilità di esistere»

Gabriele Muccino: «A 18 anni ho rischiato di morire. Mio fratello Silvio? Non voglio più vederlo»

«Il cinema mi ha dato la possibilità di esistere». Sono queste le parole che Gabriele Muccino sceglie per raccontare la propria adolescenza, il proprio debutto nella settima arte e il rapporto con gli altri. Intervistato dal Corriere della Sera, il regista si è raccontato a tutto tondo, rievocando alcune disaventure giovanili e parlando del suo tormentato rapporto con il fratello Silvio, con cui da 15 anni ha interrotto ogni contatto.

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Gabriele Muccino e il rapporto con il fratello Silvio

Gabriele Muccino, che per sua stessa ammissione da giovane soffriva di balbuzie e viveva in un mondo molto chiuso e lontano dai suoi coetanei, ha raccontato di avere rischiato di morire nell'estate della maturità. «Avevo 18 anni ed ero a Rodi: andavo sempre su una spiaggetta dove avevo conosciuto una ragazza inglese di cui non ricordo il nome. Una notte caddi con il motorino in un burrone: fu molto brutta, tra quelle rocce andai vicino alla morte. Pieno di sangue riuscii a tirarmi fuori di lì, forse grazie all’adrenalina». Un episodio di cui porta ancora addosso le cicatrici sulla testa.

La ferita più profonda e più dolorosa è quella però che riguarda il suo rapporto con Silvio Muccino. «Con lui ho vissuto un lutto, un lutto di una persona vivente, che non vedo dal 2007 – racconta il regista di «Sette anime» –. È stata un'esperienza per me aberrante da un punto di vista psicologico: mi ha scarnificato.

Rimane una delle cose più incomprensibili, ingiustificabili e forse anche imperdonabili».

Impossibile pensare a un chiarimento: «A un certo punto, quando questo lutto si è elaborato, quando ho smesso di soffrire, sono passati ormai 15 anni. Lì ti rendi conto che quella persona non la vuoi più incontrare, non hai più nulla da raccontare perché fondamentalmente non la stimi, non la ammiri e non la conosci più. Quando tuo fratello scompare senza neanche dirti perché per una vita intera, il corpo soffre [...]. Era un pezzo di me. Mi ha tolto una parte enorme della mia vita e ora quella parte lì se ne è andata».

Una storia, quella vissuta con il fratello Silvio, che non consocerà mai il lieto fine nemmeno in un'ipotetica trasposizione cinematografica. E non solo perché la vicenda sarebbe legata a ricordi troppo dolorosi, ma anche perché si tratta di una situazione «irrisolta così irrisolta e così inspiegabile» persino per il cinema. Per il regista «il cinema è giusto quando è onesto. Il cinema disonesto è quello che vuole farti felice, darti una pacca sulla spalla e dirti: dai che la vita è bella. Io questo non lo faccio quasi mai». Ci sono «brandelli della nostra esistenza» che «non sono più rammendabili: sono tutti gli errori che abbiamo fatto».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 6 Giugno 2022, 18:43
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