Quando la verità arriva al cinema come un pugno nello stomaco, meglio prepararsi a fare un bel respiro. È questa la sensazione che lascia Black flies di Jean-Stéphane Sauvaire, in concorso al Festival di Cannes. Si tratta della storia vera di Shannon Burke, che nell’omonimo romanzo autobiografico ripercorre il primo anno da paramedico ad Harlmen negli Anni Novanta. Il progetto, prossimamente in Italia per Vertice 360, vede come protagonisti Sean Penn e Tye Sheridan, accompagnati da un cast di talento che include Mike Tyson, Michael Pitt e Katherine Waterston.
Unica avvertenza per la visione: non è adatto ai deboli di cuore.
UNO: UN’AMBULANZA STOICA
I paramedici che affollano le piattaforme streaming, da Station 19 a Chicago Fire e 9-1-1, sono modelli in uniforme capaci di grandi sacrifici ma anche drammi da soap opera. Gene (Sean Penn) ha una lunga carriera alle spalle, ha visto il peggio dell’animo umano e non ha intenzione di starsene a guardare. Quando il novellino Ollie (Tye Sheridan) si blocca durante il primo intervento, quasi schiacciato dall’orrore, lui lo prende sotto la sua ala e diventano partner. I metodi sono sbrigativi, le chiacchiere stanno a zero. In quegli anni e in quelle zone tutto è questione di vita e di morte.
DUE: CINISMO E IDEALISMO
La saggezza di un cuore ormai indurito incontra lo spirito naive di un giovanotto che prova a salvare tutti ma deve fare i conti con il realismo. È la cruda realtà e allo spettatore viene servita in maniera immersiva, caotica, rapidissima e quasi sempre fuori fuoco, come se non ci fosse mai tempo di spiegare cosa stia succedendo. Come se, appunto, il pubblico, fosse su quell’ambulanza con i due protagonisti dall’approccio opposto. Ma non esiste il bianco e nero durante un intervento d’emergenza, solo tante zone grige.
TRE: SEAN PENN IN GRAN FORMA
Sean Penn si trova su uno di quei set in cui dà il meglio di sé: alle parole preferisce i fatti.
QUATTRO: LA SALUTE E’ UN LUSSO
Il sistema sanitario americano si basa sull’assicurazione che si fa carico delle spese mediche (detto in parole povere). Tutti gli altri, i precari, si trovano in un limbo pietoso, affidati alla fortuna. Ecco perché questa storia è una denuncia potente, quasi uno schiaffo, a una classe dirigente che si ostina a non vedere come un diritto per tutti la salute. Il racconto è crudo, invasivo, disturbante ma a un certo punto diventa talmente viscerale da rimanere attaccato addosso alla pelle dello spettatore, che si sente impotente, disgustato, arrabbiato e anche un po’ in colpa.
CINQUE: UN’ATMOSFERA AL CARDIOPALMA
Questo film non è un dramma ospedaliero: la modalità del racconto lo rende un crime, un thriller e persino un contorto buddy movie in cui i destini dei due paramedici sono legati, anzi appesi allo stesso filo sottilissimo. È claustrofobico quando sembra non ci siano soluzioni o vie d’uscita perché realizzato quasi in presa diretta, come un documentario. Non si epura, non si censura, non si abbellisce la realtà. La vita ha un valore o un prezzo? Queste e mille domande restano in sospeso, ma con un leggerissimo spiraglio di speranza che in fondo ricorda che non tutto è perduto. Forse.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 18 Maggio 2023, 14:04
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