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Festa del cinema di Roma, John Travolta presenta The Fanatic: «Sono fan di Fellini, Bertolucci e Loren»
di Michela Greco
«Sono felice», dice John Travolta, in italiano, appena si siede davanti ai giornalisti venuti ad ascoltarlo in conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma, in attesa del suo Incontro Ravvicinato del pomeriggio. Poi lo dimostra rispondendo con generosità alle domande e sorridendo spesso e volentieri, tranne quando un cronista gli chiede della sua adesione a Scientology. A quel punto si acciglia, ammutolisce e lascia intervenire il produttore del film The Fanatic (in programma alla Festa), che si impone: «Parliamo di cinema».
E allora l’attore parla del suo ultimo lavoro, in cui interpreta un fan ossessivo che perseguita la star che ammira. «Devo ammettere che questo personaggio riflette alcune mie passioni nascoste - dice - so cosa significa essere fanatico e mi piace essere posseduto dalla presenza della persona che amo. Sono un fan di Jim Cagney, che sapeva ballare e cantare, di Sophia Loren, del cinema di Federico Fellini e Bernardo Bertolucci».
Barbetta incolta e testa rasata, Travolta ripercorre volentieri la sua carriera e i momenti cult: «Sono orgoglioso di aver preso parte a film che hanno lasciato un segno e hanno resistito nel tempo. I più memorabili sono Grease, Pulp fiction e La febbre del sabato sera». Tre pietre miliari in cui ha espresso anche il suo talento da ballerino: «Recentemente ho fatto un favore a un amico, il rapper Armando Pérez, e ho ballato il tango in un suo video. Io ballo ancora e credo che oggi Tony Manero ballerebbe proprio un tango». Acclamato dal pubblico, che ha aspettato un’ora prima di vederlo comparire in Sala Sinopoli per l’Incontro Ravvicinato, Travolta ha rievocato i suoi quattro rifiuti andati a beneficio di Richard Gere: «Non ho fatto I giorni del cielo per problemi contrattuali, scoprendo poi molto più tardi che avevo spezzato il cuore a Terrence Malick. Mi ha detto che ha aspettato 17 anni prima di fare un altro film, tanto rimase deluso. Nel caso di American Gigolò ho avuto un problema con Paul Schrader, in quello di Ufficiale e gentiluomo, che è stato scritto per me, ho preferito la vita al cinema: invece di fare il film sono diventato davvero un pilota di jet. Infine per Chicago è stata colpa mia: sono cresciuto in un’epoca in cui le donne amavano gli uomini, ho visto questo spettacolo teatrale in cui le donne odiano gli uomini e ho deciso di non farlo. Ho sbagliato, il film in realtà era diverso, più morbido».
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