Pierfrancesco Favino: «Sono un D'Artagnan goffo e bambinone»
di Alessandra De Tommasi
Favino, chi è il suo D’Artagnan?
«Un bambinone. E quando penso a lui non posso che immaginare come reagirebbero le mie figlie in sue presenza. Io so che mi sono divertito tantissimo nei panni di questo miles gloriosus, nel senso che è animato da idee goffe e infantili però nell’accezione più bella del termine. Il film mette insieme tante cose e spazia dal realismo ai toni fiabeschi, che poi conquisteranno il pubblico. Quando recito penso proprio alle famiglie italiane che andranno a vederlo».
Cosa ammira di lui?
«L’animo pulito, perché riflette un lato di ognuno di noi».
Sente la pressione di mettere in scena un gigante della letteratura?
«La responsabilità c’è e si sente tutta perché i Moschettieri fanno parte di un immaginario collettivo fortissimo e appartengono alla cultura mondiale. Appena me l’hanno proposto ho subito pensato: “Figo!”».
Quando capisce di essere “a cavallo”, cioè di aver centrato il film giusto?
«In questo caso “a cavallo” ci sto nel senso più letterale del termine, perché recitare questo ruolo ha comportato un certo impegno fisico, non a caso oggi mi presento qui con graffi e ammaccature varie. Una volta sono persino caduto da un’asina ferma».
Tornerà a condurre il festival di Sanremo?
«Il festival mi ha dato l’opportunità di far vedere che posso fare di più di quanto la gente creda. Si crede che valga l’equazione: “sei i film che fai”, invece mi sono scrollato di dosso l’etichetta da intellettuale. Mi sento invece nazionalpopolare e Sanremo mi ha offerto una grande occasione. Sento quotidianamente Claudio Baglioni…e non metto limiti alla provvidenza».
Interpreterà anche Bettino Craxi nell’imminente film di Gianni Amelio “Hammamet”?
«C’è la possibilità, ma ancora non la certezza».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 4 Luglio 2018, 09:07
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