Edoardo De Angelis: «Il Vizio della speranza nell'inferno di Castel Volturno»

De Angelis: «Il Vizio della speranza nell'inferno di Castel Volturno»

di Ilaria Ravarino
La chiamano “la Gotham City del Sud”. Ex feudo dei casalesi, oggi nuova frontiera della malavita nigeriana, Castel Volturno è la seconda spina nel fianco della provincia di Caserta, territorio piegato tanto dal disastro ambientale della terra dei fuochi quanto da quello, tutto umano e meno mediatico, del racket della prostituzione e dello spaccio sul Volturno. Un tragedia raccontata da Edoardo De Angelis ne Il Vizio della speranza, al cinema da giovedì. Nel film - vincitore del premio del pubblico alla Festa del cinema di Roma - il regista campano è tornato a girare nelle stesse zone del suo Indivisibili.
Dopo due film è riuscito a spiegare che succede a Castel Volturno?
«Non credo. Una maggior conoscenza non corrisponde necessariamente a una maggiore comprensione. Per ora mi accontento di fare luce su qualcosa di misterioso, oscuro e disperato. Però, ecco: non mi bastava raccontare com’è, volevo immaginare anche come potrebbe diventare».
C’è speranza per questo territorio?
«Quando vedi qualcosa che è brutto, puoi chiederti se sistemarlo o buttarlo. Non una terra. Una terra la devi aggiustare per forza».
E come si aggiusta?
«A Castel Volturno non si può fare nulla se prima non si bonificano i canali di scolo. È una terra meravigliosa, ma prima di tutto bisogna pulire il suo polmone avvelenato».
La ricetta di Salvini: termovalorizzatori e esercito.
«Il problema di queste terre è troppo complesso per ridurlo a queste due opzioni. Se l’esercito serve, se è funzionale a un ruolo specifico, allora ok. Purché ci sia dietro un disegno generale, perché dire “esercito” e basta non risolve nulla».
Meglio il cinema dell’esercito?
«È una bella espressione. Il cinema, e non parlo solo del mio, sta facendo tanto per questo territorio. Quando sono venuto a girare Perez, Castel Volturno era ancora abitata da sinistri personaggi che detenevano illegalmente le chiavi di certe case abbandonate. Quando sono tornato per Indivisibili mi hanno detto: mi dispiace, ora si fa tutto con la legalità. Siamo ovviamente felici che sia successo. Fare cinema non significa saccheggiare una terra, ma ararla».
Il cinema italiano però in questo periodo non attira pubblico.
«Una singola persona, che si emozioni e si porti dentro il film, vale moltissimo per me».
Ha scelto sua moglie Pina Turco come protagonista: perché?
«Maria l’ho inventata perché fosse Pina a recitarla. Dirigere la persona che ami ti fa raggiungere un livello di intimità altrimenti impossibile, e al tempo stesso ti lascia il dubbio di non avere la giusta distanza. Credo di essere stato molto severo con lei».
Ultimo aggiornamento: Martedì 20 Novembre 2018, 08:54
© RIPRODUZIONE RISERVATA