Carlo Verdone: «Lavoro a una serie tv, ma ho nostalgia del cinema e delle commedie»
di Michela Greco
C’è malinconia per una Roma che non c’è più, per un futuro incerto – «Dopo la guerra c’erano i film più belli del mondo e una fantastica volontà di riscatto, oggi c’è un Medioevo senza orizzonti», dice - ma anche per la perdita progressiva delle sale cinematografiche, che Verdone vive con dolore. «Non so però se i giovani capiscano cosa stiamo perdendo, perché i cinema sono luoghi di condivisione e aggregazione, ma queste cose oggi non si vogliono più. Ormai la condivisione è sul web, è virtuale».
Sulla questione Netflix, però, è piuttosto laico: «Non si può fermare l’evoluzione e se sarà un’opportunità o una minaccia dipenderà proprio da come si comporterà Netflix. Io ho da poco presentato alla piattaforma il pilota di una serie tv che ho scritto con Guaglianone e Menotti: a loro è piaciuta, ma sarà Aurelio De Laurentiis a decidere se andrà lì o su Sky».
Intanto Verdone sta scrivendo il suo nuovo film con Giovanni Veronesi: «Non posso dire molto, solo che lo dirigerò e ci reciterò. Sarò uno dei sei o sette protagonisti di una storia corale». Si tratterà del suo ventisettesimo film da regista, nuova tappa in una lunga carrellata di personaggi e racconti che il regista rievoca con piacere mentre sfoglia il libro a lui dedicato: «In quante anime mi sono calato! – esclama – Mi emoziona vedere queste immagini e tornare a pensare a Grande, grosso e Verdone, a Gallo cedrone o a degli sketch tv che avevo dimenticato. Ricordo che venivo preso da un furore creativo, mi annullavo nei personaggi e non provavo mai: la mia forza è la naturalezza. Il monologo finale dell’emigrante in Bianco, rosso e Verdone, ad esempio, non l’avevo mai provato: mi chiusi 20 minuti in una stanza e ripercorsi tutti i disastri che gli erano capitati nel viaggio per andare a votare, poi uscii, battei il ciak e partii a raffica, finendo in un bagno di sudore. Era buona la prima».
In seguito Carlo Verdone ha spesso duettato con protagoniste femminili: «Quando recito con le donne – confessa - sono di una fragilità estrema. Il comico non deve essere trombante, altrimenti non fa ridere, e io ho sempre rappresentato uomini fragili nei rapporti con l’altro sesso perché sono cresciuto all’epoca del femminismo, in cui l’uomo veniva messo all’angolo». A suggellare 40 anni di carriera, recentemente Verdone è stato persino nominato Grande Ufficiale della Repubblica Italiana dal presidente Mattarella: «Quella è stata una giornata stranissima – racconta ridendo – prima sono stato insignito di questa onorificenza, poi ho perso il telefono in taxi e ho passato un pomeriggio infernale, trasformandomi in breve da Grande Ufficiale a miserabile in coda per una sim».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 22 Novembre 2018, 08:43
© RIPRODUZIONE RISERVATA