Carlo Verdone in mostra: «Cinema in crisi? Deve essere più appetibile. Roma? Cade a pezzi e mettono solo transenne»

Verdone in mostra: «Cinema in crisi? Deve essere più appetibile. Roma? Cade a pezzi e mettono solo transenne»

di Michela Greco

“Carlo Verdone. Il colore del silenzio” è il titolo della mostra di fotografie esposte da ieri al 15 settembre alla Galleria d’arte contemporanea “Osvaldo Licini” di Ascoli Piceno nell’ambito della Milanesiana, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi. Immagini di nuvole, di paesaggi poetici svuotati della presenza umana che offrono una prospettiva nuova sul regista romano nelle cui commedie, da 40 anni, si specchiano gli italiani. Ora al lavoro sulla seconda stagione della serie tv “Una vita da Carlo”, Verdone si racconta a Leggo.


La mostra rivela un Verdone inedito, più riflessivo e astratto. È una sorta di fuga?
«Ho scattato quelle foto soprattutto per ritrovare me stesso e le mie emozioni, i miei stupori. In quelle fotografie ci sono solo elementi della natura, mai le persone, i volti, perché cercavo i colori, le stagioni, una prospettiva, una cromaticità particolare. C’è la ricerca di una pacatezza cui ambisco sempre, e in effetti c’è una piccola fuga dal mio lavoro e dai diluvi di parole e di facce».
Ci sono molte nuvole, che spesso sono interpretate come presagio negativo. È così anche in questo caso?
«No, io vedo le nuvole come coperte che mi riparano, mentre mi atterrisce il vuoto, il cielo senza nuvole, come quello di questi giorni. Le nuvole mi piacciono perché mi danno il senso del tempo che cammina, perché regalano forme sempre diverse. Per fotografare le nuvole bisogna cogliere l’attimo fuggente, il momento con un significato, ci vuole sensibilità e velocità: il momento giusto dura 5-6 secondi, devi essere rapidissimo. Facendo queste foto ho capito che il più grande suggeritore di foto è il padreterno, non il talento».
Tra le foto si scorge il Gazometro…
«È il Colosseo di ferro, la Roma di periferia, quella pasoliniana, in bianco e nero, dei primi anni 60. Quella che non esiste più».
È una manifestazione di nostalgia per il passato e di rifiuto della Roma di oggi?
«In quella di oggi non c’è niente di bello, se non facendo un campo molto largo dall’alto, cogliendo il Gianicolo e il Pincio».
E il resto?
«Il problema è nella cattiva organizzazione, in una burocrazia che non viene sbrogliata, alleggerita. La cosa che fa più schifo di questa città è che se emerge un problema, ad esempio se crolla un pezzo delle mura Aureliane, il giorno dopo arriva qualcuno che mette le transenne, poi non se ne occupa più nessuno».
Ma ci sono energie positive, come quelle del Cinema in Piazza organizzato dai ragazzi del Cinema America, che lei sostiene da anni.
«Sì, infatti andrò presto al Parco della Cervelletta a presentare “Che colpa abbiamo noi”. Viene riproposto meno degli altri, ma voglio mostrarlo perché penso sia un gran bel film corale, riuscito benissimo».
Domani ritirerà a Pescara il Premio Flaiano per il libro “La carezza della memoria”, che effetto le fa?
«Sono particolarmente contento perché è un libro che ho scritto con sincerità e coraggio durante il lockdown, su suggerimento di mia figlia. Dentro ci sono i ricordi, cose tristi e cose che fanno ridere. Sono contento che abbia avuto successo e felice di prendere un premio intitolato a Flaiano, un grande autore, pieno di ironia, che ha sempre fatto parte del mio lavoro».
Negli anni lei ha ricevuto diverse lauree “doloris causa” per la sua passione per la medicina. Con il Covid l’ha esercitata ancor di più?
«Sono un appassionato privato, non mi azzardo a fare diagnosi, non sono pazzo. Cerco solo di farmi un’idea su qualcosa che trovo interessante, ma non sono un ipocondriaco, anzi. Ho subito tantissimi interventi chirurgici e non mi sono mai lamentato, non ho mai detto nulla, tranne in occasione dell’operazione alle due anche: ero felice di aver avuto il coraggio di farlo. Il Covid io l’ho avuto ma è durato solo quattro giorni, senza sintomi, tant’è che pensavo di essermi sbagliato, invece ho avuto la conferma dal sierologico».
Molti cinema chiudono, quelli aperti sono vuoti. Che prospettive vede per il cinema?
«Voglio avere speranza, ma è il caso che il cinema italiano si dia una mossa per proporre soggetti più appetibili».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 8 Luglio 2022, 15:39
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