Brendan Fraser vince il primo Oscar della carriera con "The Whale": «Questo ruolo mi ha cambiato»

L'attore intervistato da Leggo: "Essere nei suoi panni mi ha dato una prospettiva diversa"

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di Alessandra De Tommasi

Brendan Fraser ha vinto il primo premio Oscar della carriera. Dopo la vittoria ai Critics' Choice e ai SAG Award come miglior attore, questa notte è arrivata consacrazione definitiva. Tutto merito di "The Whale", in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia e da inizio marzo in 400 sale italiane, dopo il successo della prima settimana di programmazione.

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Il successo di Fraser

Il cinquantaquattrenne canadese, star de "La mummia", si era ritirato dopo aver accusato di molestie Philip Berk (ex-presidente HFPA, l'associazione della stampa estera a Hollywood) e ora torna a riprendersi la scena. Nel dramma intimista, girato nel 2020 a ridosso del lockdown, diretto da Darren Aronofsky e tratto dall'opera di Samuel D. Hunter, Fraser interpreta Charlie, un professore di oltre 250 chili, recluso in casa e con poco tempo ancora da vivere.

L'intervista di "Leggo" del 2 marzo scorso.

Come descriverebbe questo ruolo?
«Un uomo che riesce a tirar fuori il meglio dalle persone, ma resta il suo peggior nemico. Per lui l'unica forma di redenzione resta la riappacificazione con la figlia Ellie (Sadie Sink di Stranger Things, ndr), con cui ha interrotto i legami da tempo. I traumi emotivi in lui si manifestano anche fisicamente».

 

Che cosa prova nei suoi confronti?
«Grande empatia: persone come lui, che hanno uno straordinario mondo interiore, vengono ignorate dal mondo perché giudicate sulla base dell'aspetto».

Che cos'ha imparato sull'obesità?
«Essere nei suoi panni mi ha dato una prospettiva diversa e mi ha cambiato.

Ho capito che una stazza simile richiede grande forza e ho sentito su di me quel senso di pesantezza, di vertigini e di confusione. Avevo bisogno d'aiuto per sedermi o vestirmi: ogni movimento richiedeva l'assistenza di qualcuno. Impiegavo oltre un'ora a rimuovere le protesi con il peso finto, ma anche quando me ne liberavo le sentivo comunque addosso».

Per non parlare della claustrofobia di girare per mesi in una stanza.
«Quello spazio ristretto ha permesso alle emozioni di prendere vita, alle lacrime di sgorgare, come se quel luogo angusto fosse il riflesso di un disagio emotivo».

Che cosa rappresenta "The Whale" per lei oggi?
«Il progetto che sento mi traghetterà nella seconda parte della mia carriera».

Ha fatto qualche bilancio?
«Tutte le scelte professionali mi hanno condotto dove sono oggi. In passato ho sempre cercato di esplorare come in un viaggio il maggior numero di personaggi possibili e sempre diversi. Charlie resta il più eroico di tutti: mi sembra un supereroe al centro di un progetto di salvezza».

La notte degli Oscar si avvicina. Con che stato d'animo sta vivendo la stagione dei premi?
«Non ho la palla di vetro e non so come andrà a finire e che ruolo ricoprirà il film nel mio percorso lavorativo, ma posso dire di sentirmi molto fortunato ad avere un regista così audace al mio fianco».

Una frase del film che si porterà per sempre dietro, come fosse un mantra?
«Charlie ama ripetere che la gente è incapace di non amare. E io ci credo fino in fondo».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 13 Marzo 2023, 08:45
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