7 prisoners: tre buone ragioni per non perdere il film Netflix con Rodrigo Santoro

7 prisoners: tre buone ragioni per non perdere il film Netflix con Rodrigo Santoro

di Alessandra De Tommasi

Nell’epoca del politically correct il margine di manovra per la libertà di pensiero si assottiglia sempre più. Ma 7 prisoners fa eccezione: il film brasiliano, presentato nella sezione Orizzonti Extra della Mostra del cinema di Venezia e a novembre su Netflix, non si preoccupa molto di ferire questa o quella categoria, denuncia il traffico di esseri umani e basta. Ad un racconto epico, il regista Alexandre Moratto preferisce una dimensione intima, sceglie sette uomini rinchiusi in cattività per lavorare in una discarica dopo essere stati portati con l’inganno a Rio.

Il regista del film-fenomeno indiano La tigre bianca (sempre disponibile sulla piattaforma streaming) Ramin Bahrani si è subito innamorato della storia e ha deciso di produrla. L’aguzzino, Luca, ha invece il volto di Rodrigo Santoro (Love Actually, 300).

Troppi progetti si proclamano “necessari” senza mai avere il coraggio di fare il passo successivo. Qui, invece, uno dei sette prigionieri è davvero scappato dopo sei mesi di lavori forzati e ora è tornato un uomo libero. Verità e finzione quindi s’intrecciano con struggente poesia.

Ecco allora tre buone ragioni per non perderlo e “un’avvertenza per l’uso”, secondo il parere semiserio ma insindacabile di Leggo.


TRE BUONE RAGIONI PER VEDERLO:

UNO: Il sogno brasiliano:

Qui non c’è un sogno americano, ma un miraggio brasiliano: la distanza tra ricchi e poveri è siderale e i giovani protagonisti vogliono solo poter provvedere alla famiglia lasciata in campagna.

Una lotta tra poveri per scampare alla fame e conquistare un briciolo di dignità. D’altronde lavorano sodo, s’impegnano e non piantano grane. Ma dietro il miraggio del lavoro si cela l’orrore della schiavitù, qui raccontata nei minimi dettagli, ma senza morbosità.


DUE: Dietro le sbarre:
Materassi putridi, sbarre alle porte e alle finestre e, per punizione, settimane senza acqua per lavarsi. Sono alcuni dei dettagli della vita degli orrori in cattività. Niente documenti, nessun diritto e persino politici e forze dell’ordine guardano dall’altra parte o addirittura perpetuano la violenza. Per mostrare tutto questo ancora una volta non c’è il filtro del pietismo o del buonismo, ma uno sguardo lucido e incisivo.


TRE: I dilemmi morali:

Alcuni di questi contadini in fuga dalla provincia sperduta del Brasile non solo non sanno leggere ma non hanno mai dormito in un vero letto in tutta la vita. Spinti dalla disperazione, si sono venduti loro malgrado ad un gruppo di criminali organizzati che sfruttano l’assenza di alternative per rinchiuderli. Ad un certo punto però la vittima può diventare carnefice, quando ne ha la possibilità e ci si chiede se, al posto suo, non faremmo lo stesso.

UN’AVVERTENZA PER L’USO PRIMA DELLA VISIONE:

Chi non crede che il cinema possa essere specchio della realtà ma debba svolgere un puro ruolo d’intrattenimento è pregato cordialmente di passare oltre. 40 milioni di persone nel mondo sono ancora schiave, ma guardarle negli occhi e dare loro un nome non è compito per tutti.


Ultimo aggiornamento: Martedì 7 Settembre 2021, 20:27
© RIPRODUZIONE RISERVATA