BRUXELLES - Per ogni euro speso in politiche di coesione nell'Est Europa, 9 centesimi tornano indietro grazie al commercio verso i Paesi cosiddetti 'contributori netti' come l'Italia (cioè che versano al bilancio dell'Unione più di quanto ricevano indietro). Nel medio termine, per l'Italia questo equivale a circa un miliardo di euro ovvero un aumento del Pil di 0,06 punti, il maggiore incremento fra i contributori netti (seconda è la Germania). È quanto emerge da uno studio commissionato dal Parlamento europeo e coordinato dalla società di consulenza italiana Ismeri Europa.
Gli effetti di 'spillover', cioè le ricadute economiche esterne, "sono una componente inseparabile delle politiche di coesione e producono risultati positivi sia nel Paese dove le risorse strutturali sono spese, sia in quello dove questi effetti si verificano", scrivono gli autori della ricerca. Il documento, che ha preso in considerazione il periodo di programmazione 2007-2013, spiega che "il 15-20% dei fondi strutturali (Fesr, Feasr e Fondo coesione) produce effetti transfrontalieri diretti o indiretti".
"Gli effetti della politica di coesione non sono limitati al Paese dove i finanziamenti sono spesi", quindi, "nel dibattito sul bilancio europeo 2021-2027 dovrebbero essere considerati", scrivono i ricercatori, che chiedono di "promuovere e gestire l'utilizzo di questi effetti transnazionali". Inoltre, lo studio propone anche di pubblicare i nomi e la nazionalità delle aziende che si aggiudicano gli appalti legati ai finanziamenti europei, in modo da facilitare il monitoraggio degli effetti di 'spillover'.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 16 Novembre 2018, 17:58
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