Espon, 'Ora più che mai nessuno deve esser lasciato indietro'

Espon, 'Ora più che mai nessuno deve esser lasciato indietro'
BRUXELLES - Dalla pandemia alla guerra, passando per la Brexit e la lotta al cambiamento climatico. E poi la pioggia di finanziamenti stanziati da Bruxelles con il Next Generation EU (Ngeu) per dar forma a un'Europa più verde e digitale. Il team di ricercatori di Espon, programma di cooperazione specializzato in analisi territoriali, ha provato a cogliere la direzione di tali cambiamenti in uno studio unico nel suo genere rispetto a quelli pubblicati finora.
"Il ruolo di Espon non è misurare l'impatto di uno shock preso singolarmente, ma di scattare una fotografia, per quanto non definitiva, delle trasformazioni in corso e fornire ai decisori politici degli strumenti per farvi fronte", spiega all'ANSA il direttore di Espon, Wiktor Szydarowski. Negli ultimi anni, la "dinamica dei cambiamenti è stata drammaticamente intensa", osserva il direttore, sottolineando come la sfida per le autorità pubbliche consista nel permettere a luoghi e persone di tenere il passo con tali mutamenti.
Un obiettivo, secondo Szydarowski, raggiungibile per i territori, dotati di piattaforme e reti di cooperazione: "tanto più una regione o una città è inserita in un network, tanto più svilupperà delle capacità di assorbire gli shock". Al contrario, le regioni periferiche e rurali, specie quelle sprovviste di un'economia diversificata, saranno più vulnerabili. "Le misure restrittive necessarie per arginare la pandemia hanno colpito quei territori la cui economia dipendeva in larga parte dal turismo" prosegue il direttore, citando il caso del sud Italia.
Da questo punto di vista, il Ngeu è uno strumento di fondamentale importanza perché "non si ritorni alla situazione pre-pandemia", ma, avverte Szydarowski, l'obiettivo della convergenza, che pure è contenuto nel Ngeu, "è discutibile", dato che le risorse vengono allocate a livello nazionale e non locale. Più che pensare a nuove versioni di tale strumento, occorrerebbe in primo luogo "territorializzare" quello che già c'è, il rischio altrimenti è di "veder aumentare le disparità tra i territori europei", spiega il direttore.
C'è poi l'altro elemento fondamentale del cambiamento, i cittadini. Per Szydarowski, esiste un "divario generazionale" che rende più flessibili le nuove generazioni rispetto alla popolazione più adulta. "La crisi alimentare mondiale che si intravede all'orizzonte potrebbe ad esempio consolidare una tendenza per i giovani a fare scelte più ecosostenibili, tendenza già in atto sulla scia dell'emergenza climatica", spiega il direttore. Il problema resta quella fascia di popolazione che per età o carattere è più restia ad adattarsi.
"Le persone hanno bisogno di essere accompagnate nel cambiamento, di farne parte. Per questo è necessario un cambiamento di paradigma che porti le autorità a lavorare non per, ma con i cittadini - conclude il direttore -. Restare indietro genera frustrazione e la frustrazione spinge a votare per chi propone un ritorno al passato, non per chi guarda al futuro. Da qui trae nutrimento il populismo. Ora più che mai nessuno deve esser lasciato indietro".

Ultimo aggiornamento: Martedì 14 Giugno 2022, 16:41
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