"Anche l'acqua può far male". Un convegno a Roma spiega quando e perché

"Anche l'acqua può far male". Un convegno a Roma spiega quando e perché

di Valeria Arnaldi
ROMA - Interferente endocrino, ossia sostanza “contaminante”. Questa la definizione - e la questione - chiave per valutare la salubrità dell’acqua. Nonché, di conseguenza, il nuovo oggetto di studio e la nuova frontiera della ricerca sull’acqua destinata al consumo dell’uomo. Perché non sempre sappiamo quello che beviamo. E i rischi di questa “ignoranza” non sono da poco.
A dare l’allerta  e, soprattutto, ad accendere i riflettori sul tema è il convegno “Acqua fonte di vita: sicurezza e nuove frontiere della ricerca”, organizzato dalla Fondazione Acqua con Società Italiana di Endocrinologia, sabato 15 ottobre, presso la Pontifica Accademia delle Scienze, in Vaticano per chiamare i Governi e, in particolare l’Unione Europea, a riflettere sull’importanza di approfondire scientificamente la natura e le caratteristiche di sostanze presenti nelle acque, soprattutto superficiali, capaci in taluni casi di avere conseguenze significative sulla salute umana.
L’interferente endocrino, spiega Andrea Fabbri, endocrinologo dell’università romana Tor Vergata, è “una sostanza o un misto di sostanze esogene che altera la funzione o le funzioni del sistema endocrino e come conseguenza ha effetti negativi sulla salute di un organismo intatto o della sua progenie o di una determinata popolazione”.
Le conseguenze di questi “contaminanti”, a seconda della tipologia di persone, possono essere più o meno gravi.
 “Le conseguenze più gravi che la scienza comincia a rivelare - prosegue - riguardano le categorie più sensibili, quali crescita fetale, bambini, anziani, donne in gravidanza, soggetti con patologie su cui si possono riscontrare effetti a vari livelli quali funzione tiroidea, salute riproduttiva, metabolismo e cancerogenesi”.
Il problema è che alcuni dei contaminanti “emergenti”, idrosolubili, possono non essere completamente trattenuti negli impianti di depurazione.
“Tali contaminanti - afferma Matteo Vitali, chimico-igienista del primo ateneo capitolino, La Sapienza - giungono quindi in corpi idrici superficiali e, diffondendosi nell’ambiente, possono essere riscontrati in tracce anche in acque potabili”.
E se l’esposizione ridotta per tempo e quantità può essere tollerata, diverse sono le possibili ricadute in caso di “esposizione cronica e fenomeni di bioaccumulo nell’organismo”.
Non allarme, ma quantomeno allerta per sviluppare la ricerca relativa all’individuazione di queste sostanze, anche quando presenti in percentuali apparentemente irrilevanti, e alla ricadute sull’organismo.
 “Parlare di nuove frontiere della ricerca sull’acqua, come gli interferenti endocrini - commenta Ettore Fortuna, presidente Fondazione Acqua, che ha iniziato il suo intervento ricollegandosi all’enciclica di Bergoglio  - vuol dire, per noi, lungi da un moto di presunzione, ricollegarci alla Laudato si’ di papa Francesco perché è dalla sostenibilità dell’ambiente che bisogna partire per evitare la contaminazione delle acque e, quindi, il rischio per la salute”. 
Ultimo aggiornamento: Domenica 16 Ottobre 2016, 19:56