Alla base di questo fenomeno ci sono due fattori principali: la crisi economica in corso, che in molti casi rende ancora più difficile se non impossibile una vita fuori casa per uno studente che ovviamente non lavora, e poi c’è la paura di spostarsi e di viaggiare. Basti pensare a quanti studenti universitari, nel mese di marzo scorso, si sono ritrovati improvvisamente bloccati nella città dove hanno deciso di studiare. Lontani anche centinaia di chilometri da casa, soli e senza poter uscire per vedere i coetanei nella stessa condizione. E allora adesso la paura di poter rivivere di nuovo un eventuale lockdown, che nella peggiore delle ipotesi potrebbe verificarsi, sta spingendo molti studenti a rientrare. E il viaggio di rientro, nella maggior parte dei casi, segue sempre lo stesso itinerario: da Nord verso Sud. Cioè quello inverso rispetto al viaggio a cui gli studenti sono abituati da anni: la scelta di studiare nelle università del Nord è legata alle possibilità lavorative che si aprono sul territorio una volta laureati.
Si tratta di un fenomeno allo studio dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca: «Il rientro degli studenti nelle regioni di origine - spiega Antonio Felice Uricchio, già rettore dell’Università di Bari e presidente dell’Anvur - è un fenomeno che si sta verificando in questo periodo ed è strettamente legato agli effetti della crisi e della pandemia. Riguarda l’Italia, con il rientro dei fuori sede, proprio come sta avvenendo anche negli atenei esteri. Come Anvur abbiamo avuto dei tavoli tecnici per confrontare la situazione internazionale e questi rientri sono comuni a molti Paesi. Ora dobbiamo valutare la risposta del sistema accademico complessivo: i dati sulle iscrizioni sono prematuri e saranno completi solo nelle prossime settimane. Per il sistema universitario italiano è importante innanzitutto che non si riduca il numero degli immatricolati e degli iscritti. Visto che, purtroppo, siamo già penultimi in Europa. Per sostenere gli studenti dobbiamo rafforzare il capitale umano, ad esempio come è stato fatto con l’elevazione della no tax area e il sostegno del diritto allo studio».
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Tra queste misure di sostegno, ci sono anche gli incentivi messi in campo dalle università del Sud per richiamare in sede chi era andato fuori. Nelle università siciliane è stato previsto uno sconto di 1200 euro sulle tasse per chi rientra, l’Università della Basilicata taglia il 50% dei costi ai nuovi iscritti e la Regione Puglia ha deciso che, per l’anno accademico 2020-2021, l’iscrizione nelle università è a costo zero per tutti coloro che, nell’anno precedente, erano immatricolati altrove. La possibilità di richiamare un maggior numero di iscritti è decisamente appetibile: è legata infatti al rilancio delle università perché con più iscritti aumenta una quota di finanziamenti all’ateneo e potrebbe crescere anche l’interesse internazionale della ricerca svolta nella singola università. Secondo un sondaggio svolto dal portale per studenti skuola.net, ad oggi almeno un fuori sede su 5 ha deciso di rientrare. La maggior parte è stato spinto da problemi economici e necessità di risparmiare. Tra questi, il 45% è intenzionato a tornare a casa per restare.
Ultimo aggiornamento: Domenica 30 Agosto 2020, 08:52
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