Scuola, in quarantena alcune centinaia di classi su 400.000. Presidi: «A Roma poche decine, sì al vaccino»

Scuola, in quarantena alcune centinaia di classi su 400.000. Presidi: «A Roma poche decine, sì al vaccino»

Scuola, quante classi sono attualmente in quarantena in Italia? La fotografia, a pochi giorni dalla prima campanella, viene scattata da Mario Rusconi, presidente dell'Associazione nazionale presidi di Roma. «Al momento in tutta Italia sono qualche centinaia le classi in quarantena su un totale di 400mila. A Roma poche decine. Green oass? La piattaforma sta funzionando. Non sappiamo quale sarà l'evoluzione perché ci sono ben dodicimila classi con un numero di oltre 25 studenti. È pensabile che qui possa esserci una maggiore diffusione del virus, pur indossando le mascherine. Per questo auspichiamo che i ragazzi dai 12 anni si vaccinino. La risposta dei 16-17enni è molto ampia. L'educazione scientifica sui giovani sta funzionando ed è merito della scuola».

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Ocse boccia la scuola italiana

Spesa inferiore alla media, livelli di istruzione tendenti al basso con una penuria soprattutto di laureati, disparità, insegnanti anziani con salari (e orari) inferiori ai colleghi degli altri Paesi. Come ogni anno, a settembre, l'Ocse scatta la fotografia dei sistemi scolastici del mondo industrializzato e nel caso dell'Italia si ripropongono le note dolenti. Il rapporto 'Uno sguardo all'Istruzionè colloca la Penisola tra i dieci Paesi avanzati che hanno speso la percentuale più bassa del Pil per il proprio sistema scolastico. In attesa di vedere l'evoluzione post-pandemia, nel 2018 la Penisola ha investito il 4,1 % del Pil per gli istituti di istruzione, 0,8 punti percentuali in meno rispetto alla media Ocse e ben lontano dal 6,6% della Norvegia, che è anche al top dei test internazionali di apprendimento (per quanto non sia solo questione di quantità, ma anche di qualità della spesa. Il Cile spende a sua volta circa il 6,6% del Pil per la scuola, ma, come l'Italia, è sotto la media nelle competenze degli studenti).

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La spesa pubblica per gli istituti di istruzione per studente a tempo pieno in Italia è stata pari a 9.722 dollari nel 2018 contro i 10.000 dollari Ocse. La Penisola, per altro, spende più della media nel ciclo che va dalla primaria alle superiori, ovvero 11.200 dollari per studente, 748 dollari in più della media che è di 10.454 dollari. A fare le spese della parsimonia degli investimenti è l'istruzione terziaria, cioè universitaria, dove l'Italia si ferma a 12.305 dollari per studente, ben 4.760 dollari sotto gli standard Ocse. Nella Penisola la spesa per l'istruzione è poi cresciuta meno degli altri Paesi. Tra il 2012 e il 2018, nell'Ocse l'aumento medio annuo è stato dell'1,6 %, mentre in Italia l'incremento è stato dell'1,3 %, che diventa 1,4% se si tiene conto che il numero di studenti è diminuito in media dello 0,1% l'anno. In Italia, poi, è particolarmente bassa la quota della spesa in conto capitale, pari solo all'1% della spesa totale per gli istituti di istruzione (livello terziario escluso) contro l'8% Ocse. Va un po' meglio per l'università dove sale al 9%, ma pure sempre sotto la media che è dell'11%.

La parte maggiore della spesa corrente per l'istruzione, come in tutti i Paesi, va alla retribuzione dei docenti e del personale non docente e nel 2018 in Italia è stata pari al 72 % contro il 74% medio. La quota scende però al 52% della spesa corrente per le università (68% Ocse) rispetto al 77 % degli altri gradi di istruzione.

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Si confermano implacabili e impietosi i dati sul grado di istruzione della popolazione: in Italia tra i 25-64enni il 37% ha solo la licenza media contro il 21% Ocse (e il 14% della Germania), va meglio con i diplomati che sono il 43% in linea con i livelli Ocse. Il 'baratrò si apre con i laureati: in Italia tra i 25-64enni sono solo il 20%, la metà rispetto alla media dei Paesi industrializzati, contro ad esempio il 45% della solita Norvegia, il 50% degli Usa e il 60% del Canada. Un basso livello di istruzione (cioè al di sotto della scuola secondaria superiore) riguarda anche il 23% (cioè quasi uno su 4) dei 25-34enni contro il 15% Ocse. Il conseguimento di un titolo di istruzione terziaria varia per altro in modo significativo all'interno del Paese, la percentuale va infatti dal 15 % della Sicilia al 27 % del Lazio. Ampio il divario di apprendimento su base socio-economica: la percentuale di quindicenni con una performance in lettura almeno al livello minimo di competenza è del 28% più bassa tra gli studenti svantaggiati rispetto ai coetanei avvantaggiati, ma se non altro la media Ocse è analoga (29%). Grandi differenze nel livello di istruzione possono portare a disparità retributive ancora più consistenti, sottolinea l'Ocse. In Italia, nel 2017, il 29% degli adulti tra 25 e 64 anni con un livello di istruzione secondaria di primo grado o inferiore ha guadagnato al massimo la metà della retribuzione mediana.

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Il tema delle fonti private

Lo status socio-economico può ovviamente incidere in maniera significativa sulla partecipazione degli studenti all'istruzione, in particolare ai livelli che dipendono maggiormente dalla spesa privata, quali l'istruzione e cura della prima infanzia e l'istruzione universitaria. In Italia, le fonti private hanno rappresentato il 19% della spesa totale negli istituti per la infanzia (17% Ocse) e ben il 36% a livello di istruzione terziaria (30% Ocse). Un altro capitolo si apre con le disparità di genere, che dalla scuola si trascinano poi nel lavoro. Le scelte di indirizzo sono più polarizzate rispetto ad altri Paesi dalle superiori in poi. In Italia il 61 % dei diplomati di istituti tecnico-professionali nel 2019 era composto da uomini (Ocse 55%), mentre le ragazze rappresentavano il 62% dei diplomati dei licei (sempre 55% Ocse). Le giovani donne hanno meno probabilità di trovare un impiego rispetto ai loro coetanei, in particolare se hanno un titolo di istruzione di livello inferiore. In Italia, In Italia, solo il 30% delle donne di 25-34 anni con la licenza di scuola media ha trovato un impiego nel 2020 rispetto al 64% degli uomini, con un divario di genere superiore alla media Ocse, dove il 43% delle donne e il 69% degli uomini con un livello di istruzione secondaria di primo grado ha un lavoro. Negli ultimi decenni, comunque, l'istruzione terziaria si è maggiormente diffusa e nel 2020 il 35% delle giovani donne in Italia aveva una laurea contro il 23% dei coetanei uomini (sempre lontani comunque dal 52% e dal 39% delle medie Ocse). Eppure le donne con un'istruzione terziaria in Italia percepiscono un reddito più basso rispetto ai colleghi con un livello di istruzione analogo, con una retribuzione pari al 71% di quella degli uomini, mentre per le donne con un diploma la percentuale è pari al 79%, da confrontare alle medie Ocse comprese tra 76-78%. 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 16 Settembre 2021, 11:37
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