Paralizzato dopo un incidente d'auto, torna a parlare dopo 18 anni grazie agli elettrodi nel cervello

Paralizzato dopo un incidente d'auto, torna a parlare dopo 18 anni grazie agli elettrodi nel cervello

Un uomo paralizzato dall'età di ventanni torna a parlare. «La mia famiglia è fuori» queste le sue prime parole grazie all'uso di elettrodi che hanno trasferito i suoni emessi traducendoli in parole di senso compiuto su un computer. Dopo 18 anni da quell'incidente d'auto avvenuto nel 2003 di ritorno da una partita di calcio e impossibilitato a parlare da allora, l'uomo torna a parlare.

L’eccezionale risultato scientifico è riportato nella rivista New England Journal of Medicine e potrebbe aprire una nuova frontiera medica: ridare a molti pazienti la possibilità di parlare. Il paziente che potrebbe passare alla storia si chiama Pancho e ha ora 38 anni.

I ricercatori gli avevano applicato al cervello un mini computer formato da 128 elettrodi. Tre anni fa, quando Pancho accettò di sottoporsi agli esperimenti, i ricercatori non erano sicuri che avrebbe riottenuto la facoltà di parlare.

«La parte del suo cervello poteva essere in letargo - ha spiegato il capo del team di ricerca, Edward Chang, direttore di chirurgia neurologica all’Università della California - e non sapevamo se sarebbe stato in grado di risvegliarsi».

I ricercatori hanno impiantato al cervello di Pancho un sistema formato da elettrodi, pensati per registrare anche il minimo segnale dall’area che regola i processi legati al movimento della bocca, della lingua e della laringe.

Per cinquanta sedute, diluite in quasi due anni, hanno connesso gli elettrodi al computer e chiesto al paziente di provare a dire una serie di parole prese da una lista di termini di senso comune, tra cui «hungry», cioè affamato, «music» e «computer».

I suoni emessi, così come il movimento delle labbra e della laringe sono stati tradotti da un computer. Dalla prima frase, accolta con emozione, sono arrivate le altre. ««La mia infermiera è fuori», «portatemi gli occhiali, per favore» e alla domanda «come ti senti oggi?», il paziente ha risposto «Molto bene».

Ci vorranno ancora anni, hanno spiegato i ricercatori, per rendere questo sistema efficace su larga scala, ma le prime parole di Pancho hanno cominciato a indicare la strada.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 16 Luglio 2021, 14:42
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